La furia delle lame

Arril / Veon Markàno

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    La furia delle lame



    “Sai cosa differenzia i musicisti?”
    “Non saprei. Gli strumenti che suonano?”
    “La loro versatilità!”
    Il bardò battè il pugno sullo scricchiolante tavolo di legno, facendo sobbalzare Jelhal.
    Il contadino poteva avere tanti meriti, ma di certo non era il più coraggioso tra gli uomini
    “Smettila Arril!” esclamò Jelhal, sistemandosi gli unti capelli con un paio di passate rapide della mano “Come posso rispondere alle tue domande? Non sono acculturato come te.”
    “Siamo tutti contadini di qualcosa, amico mio.” ribattè Arril, sollevando e sorseggiando con elfica grazia lo scheggiato boccale di birra scura “Io, ad esempio, sono contadino della vita e dell’avventura. Tu della terra. Ciò che ci differenzia è solo l’esperienza.”
    “E l’immortalità. E il denaro. E le avventure vissute. Sempre se è tutto vero.”
    “E’ vero ciò che credi sia vero.” ribattè, sollevando nuovamente il boccale nella sua direzione.
    Jelhal storse il naso, non pienamente convinto dalle parole del bardo. Ma non era la prima volta che qualcosa del bardo non lo convinceva. Per l’ennesima volta sollevò le spalle, brindando con lui.
    “Allora ai musicisti versatili..:” esclamò, dubbioso
    “E ai contadini che ci portano da mangiare.” aggiunse Arril, con un sorriso

    ***
    Il rumore del metallo contro il metallo. I respiri mancati, gli affanni, gocce di sangue sul pavimento che colavano dalle gambe dell’elfo.
    Uno stocco contro una spada.
    Arril non era fatto per combattere corpo a corpo contro simili avversari. Preferiva la magia allo sforzo puramente fisico. La musica alla violenza.
    Ma Erus il Mangiacuori meritava una fine diversa. Non la semplice magia, non l’astuzia.
    Meritava di morire sotto i colpi del suo stocco, in uno scontro corpo a corpo.
    Doveva vedere chiaramente in faccia la persona che lo avrebbe trafitto. Doveva vedere il volto del bardo fino al suo ultimo istante.
    Ma era forte, troppo forte.

    ***
    “E questo Drakar, invece?” chiede Jelhal, nella loro abituale chiacchierata di fine lavoro.
    “Cosa vuoi sapere, mio caro?” ribattè, sorseggiando il boccale ricolmo “Oh, questa volta ti è venuta dolce. Che cosa hai usato?”
    “Alcuni frutti presi al mercato.” Rispose il contadino, continuando a fissare il bardo “Voglio sapere se è esistito davvero, almeno.”
    Il sorso gli andò di traverso, tanto da costringerlo a posare il boccale di fretta, per evitare di ribaltarlo.
    “Come fai a non conoscere Drakar Ny’lor, Re di Nyloria, uccisore dei sette leoni, vincitore dell’Idra, campione e figlio di Bahamut e...”
    “Chi è Bahamut?” lo interruppe Jelhal, non preoccupato della reazione di Arril.
    Il bardo rimase interdetto dalle sue parole.
    “Non capisco. Ma i tuoi genitori ti hanno mai spiegato un po’ di storia?”
    “Non molto. La storia dell’imperatore e poco altro.”
    “Beh, allora temo tocchi a me riempire la tua vuota mente con le giuste nozioni.”
    “Nozioni?” Chiese, sempre più confuso.
    Nascosto dal boccale, sul viso del bardo si disegnò un sorriso sempre più grande.

    ***
    “Se vuoi vincere, devi attaccare ogni tanto.” cominciò a stuzzicarlo Erus, facendo volteggiare la spada con dei rapidi mulinelli davanti al suo corpo.
    Arril non era riuscito a procurargli altro che pochi graffi, mentre il bardo aveva ricevuto diversi tagli di varia profondità dal petto in giù.
    “Non ho ancora cominciato a combattere seriamente.” ribattè il bardo, tentando di rifiatare per lo sforzo.
    Imprecò istintivamente per l’assenza di Drakar. Un vero combattente si sarebbe mangiato un uomo come Erus, un brigante capace di riunire e gestire un gruppo di ragazzi e di farsi la fama di mangiatore di cuori umani.
    Il tipico brigante che sarebbe stato costato solamente uno sbadiglio a Re Drakar, ma che per il bardo sembrava essere un problema particolarmente complicato.
    Ennesimo scatto del brigante, ennesima schivata laterale di Arril. Erus procedeva sempre con la stessa tattica.
    Attacco frontale, successivo montante e poi scatto ai lati per colpirlo oltre le possibilità di schivata di Arril.
    Ma questa volta il bardo scelse di muoversi diversamente.
    Anziché schivare il montante, il bardo si fiondò con un affondo dritto alla gamba del brigante.
    Erus non sembrava aspettarsi una reazione del genere. Aveva sottovalutato il suo avversario, e ora si ritrovava con un muscolo perforato e con il sangue che sgorgando copioso

    ***
    “Quindi Drakar ha poi perso il medaglione dei Leoni.”
    “Già, probabilmente rubato da qualche sguattera.”
    “Ma nella canzone che hai cantato l’altra volta” esclamò curiosamente Jelhal, “I leoni morti sotto le spire di Drakar Ny’lor”, dicevi che ha donato il medaglione a Bahamut in persona come pegno della sua lealtà.”
    Arril scoppiò a ridere, schizzando parte della birra sul tavolo e sugli abiti di Jelhal. Il contadino lanciò un grido di sorpresa, cercando di asciugare il tutto con uno straccio posato li accanto.
    “Ehi, attento! Ho appena pulito.”
    “Sei sveglio, amico mio.” ribattè Arril, decidendo di ignorare le ultime parole di Jelhal “Vedi, le ballate nascondono sempre un fondo di verità. Una frazione, non di più. Altrimenti sarebbero particolarmente noiose.”
    Jelhal osservò il bardo con uno sguardo confuso. Prima che potesse parlare, il bardo proseguì
    “Ad esempio: “Drakar Ny’lor scelse di passare la giornata a dormire, mentre il bardo andava ad acquistare vettovaglie per il viaggio assieme a Nye’li. Si fermarono poi nel primo vicolo disponibile.” Vedi, non suona accattivante come “Drakar Ny’lor affrontò tre leoni contemporaneamente per tre giorni e tre notti, mentre i compagni lo incitavano imprigionati.”


    Jelhal sembrò finalmente convinto dalle sue parole.
    “Quindi menti sempre.”
    “La vita è una bugia, mio caro.” ribattè “Bisogna solo stare attenti che le bugie non diventino la tua vita.”

    ***
    Arril faceva veramente schifo a combattere.
    Si era sempre vantato di poter “uccidere una mosca con un sol colpo dello stocco” o “centrare una farfalla a miglia di distanza”
    La realtà era ben diversa.
    Poteva suonare meraviglie incredibili usando la viella. Incantare le menti, corrompere i potenti.
    Ma a malapena sapeva impugnare lo stocco. E ne stava dando prova, contro Erus.
    Aveva fatto solo un colpo fortunato, nulla di più. Senza il supporto dei suoi compagni non era nessuno in combattimento.
    Come intuendo i suoi dubbi, Erus ripartì all’attacco, parlando per spaventarlo.
    “Consolati, elfo. Presto finirai come quel tuo amichetto umano. Carne per i porci.”

    ***
    In passato avrebbe ritenuto umiliante per un elfo della sua levatura il lavoro nei campi.
    Ma da quando viveva con Jelhal molte cose erano cambiate. Non aveva mai conosciuto un uomo così semplice, tonto ma sveglio, rozzo nella vita ma elegante nel suo lavoro.
    Un contadino come tanti. Ma diverso da tutti.
    Aveva recuperato Arril appena cosciente, dopo il rientro dal portale. Lo aveva aiutato nelle settimane in cui aveva perso la memoria e gli aveva offerto un lavoro, per riprendersi dallo sbalzo temporale.
    Lavoro semplice, manuale. Mungere e curare gli animali, arare la terra, seminare.
    Cose che al tempo di Nyloria non avrebbe mai accettato di fare.
    Eppure, seppur avesse recuperato la memoria già da parecchio, erano quasi un anno che viveva con Jelhal. Tra i due si era instaurata una profonda e strana amicizia, fatta di supporto e insegnamento.
    Arril aveva insegnato a Jelhal la storia, il grande passato, la geografia e persino a leggere. Jelhal gli aveva insegnato come curare la terra e potersi nutrire da essa. Oltre a diverse canzoni particolarmente rozze e inadatte a molti contesti.
    Il contadino era riuscito persino a fargli dimenticare la scomparsa del Re di Nyloria, seppur per brevi momenti.
    E ora Erus lo aveva ucciso. Trafitto per puro divertimento e lasciato agli animali.
    Arril aveva impiegato diversi giorni per ritrovare il corpo, e una settimana per ricondurlo a Erus.
    E ora lo aveva trovato. Non sapeva neppure se Erus avesse capito di chi si stesse vendicando.
    Non sembrava importargli.

    **

    Erus sembrava intenzionato a finire lo scontro.
    Doveva essersi stancato di quel combattimento, con un elfo che non gli dava la soddisfazione di uno scontro epico come quelli che l’uomo desiderava.
    Aveva variato debolmente la sua tattica, continuando però a colpire con sempre la stessa sequenza di colpi. Arril aveva imparato a schivare anche l’ultimo colpo, ritrovandosi però allo stremo delle forze.
    Doveva chiudere lo scontro, in qualche modo. Un movimento sbagliato, ed era morto. Un attacco sbagliato, ed era morto.
    Gli attacchi con lo stocco non sembravano funzionare davvero per nulla. Sulla lama cominciò ad intravvedere diversi segni, segnale che presto anche lo stocco si sarebbe rotto in due, sotto i colpi deviati della spada di Erus.
    Esitò per un momento su come comportarsi. Restare fedele alla sua idea, o provare a lanciare qualche incantesimo?
    Credeva davvero di poter vincere quello scontro senza usare un qualche trucco di magia?
    L’ennesimo assalto sfiorò terribilmente il viso del bardo. Stanco della sua indecisione, Arril balzò all’indietro, lanciando in direzione dell’uomo un incantesimo di Costrizione.
    “Voltati. Resta a guardare il sole del tramonto finchè non ti dico il contrario.”
    Per un momento l’uomo non sembrò intenzionato ad ascoltarlo. Poi, all’improvviso, interruppe il suo assalto, voltandosi verso la finestra.
    Sullo sfondo il colore rossastro del tramonto venne imbrattato dal sangue che fuoriuscì dal petto del brigante, a seguito del colpo di grazia di Arril.
    A causa del suo incantesimo non si era reso conto del pericolo che avrebbe conseguito la sua azione.
    Era stato fortunato, quel giorno. Un rischio che non avrebbe mai corso, in altre circostanze.
    Ma la morte di un amico, un compagno, era un affronto grave per il Bardo degli Dei.
    Ora che aveva adempiuto a quell’ultimo affronto, Arril, il bardo degli Dei, poteva ritirarsi.
    Avrebbe cambiato nome. Tanti erano periti da quanto aveva scelto quel nome.
    Ne avrebbe trovato un altro. Forse più fortunato.
    Ma avrebbe cantato di quel giorno.
    La furia delle lame, l’ultimo scontro del Bardo degli Dei, per l’onore di Jehlal e di tutti i suoi compagni caduti.


    Edited by Nebbia Cinerea - 1/8/2018, 17:23
     
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