5 Consigli per scrivere un bel personaggio “virtuoso”

Di K.M. Weiland, traduzione a cura di Assiah GdR

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    5 Consigli per scrivere un bel personaggio “virtuoso”


    Non è facile essere originali, ma a volte è anche più difficile essere buoni. Quando si pensa a bei personaggi nei libri e nei film, quelli che ci vengono in mente sono spesso persone dalla morale complessa: giovani che stanno crescendo in un mondo complicato, anti-eroi tormentati dalla loro stessa natura oscura, anime ferite che combattono per non soccombere al male inflitto da altri, e a volte banalmente dei pazzi psicotici.

    Sono sicura che potrebbe venire in mente almeno un bel personaggio che sta bene in ciascuna di queste categorie. Se si parla, però, di personaggi virtuosi? Sapete, quel tizio che vuole fare la cosa giusta. Che mi dite di lui?

    La prima domanda che possiamo porci è: c’è ancora spazio per un personaggio virtuoso nelle storie?
    Penso siamo tutti d'accordo sul fatto che ci sia. Dopotutto, è qualcuno che si può incontrare facilmente nella vita di tutti i giorni, più spesso delle persone delle categorie precedenti. In effetti, molti di noi credono di vedere quel tipo di persona quando si guardano allo specchio.

    Questo, però, richiede una domanda di approfondimento: come si scrive di un personaggio "virtuoso" che sia interessante?
    Come si può fare il confronto con l’intrigante complessità di un personaggio più moralmente complicato? Come si può evitare che i personaggi moralmente retti diventino stagnanti sulla pagina? Come si può evitare che facciano la predica ai lettori? O, mi perdoni il cielo, come evitare che sia impossibile immedesimarsi in loro perché odiosamente buoni?

    Il segreto per creare personaggi virtuosi per cui i lettori tiferanno

    Temi forti non forniscono risposte, se mai pongono domande. I personaggi fuori di testa ci fanno porre domande sulla nostra natura imperfetta. In una maniera straordinaria riflettono la nostra oscurità e la nostra confusione e per questo aiutano a vedere noi ed il mondo più chiaramente.

    D'altro canto, personaggi virtuosi sembrano molto spesso intenti non a farci porre domande, quanto a dirci semplicemente ciò che è giusto fare. Nonostante ottimi esempi morali ci stiano bene al momento opportuno, a nessuno piace sentirsi fare la predica.

    Ciò significa che, per scrivere di personaggi virtuosi, bisogna accertarsi che siano rappresentati in maniera macchiettistica nella loro facoltà di riflettere lo sforzo per essere persone virtuose. Vogliamo tutti essere quella brava persona, ma ci abbiamo provato così tanto e così a lungo che sappiamo, come ho detto all’inizio, che non è facile.

    E questa è la chiave.

    5 passi per trasformare una persona "buona" in un personaggio straordinario

    Vuoi scrivere di personaggi “buoni” che siano fortemente ispiranti per gli altri e che abbiano l’abilità di far porre domande sulla loro complessa moralità? Niente paura. Tutto quello che devi fare è far passare loro l’inferno, usando i cinque punti che seguono.

    1. ESSERE BUONI RICHIEDE SACRIFICI

    Da non fare: Se il tuo personaggio nella sua vita viaggia spensierato, distribuendo giustizia ad altri che gli sono immensamente grati, mettendo tutto in regola senza versare una goccia di sudore, senza mai fare errori, per poi conquistare sempre la donzella, allora sì, probabilmente è la persona più odiosa di cui si leggerà.
    Perché? Due motivi.

    1. Non ci si può immedesimare
    C'è nulla di quel paragrafo che somiglia anche solo vagamente alla tua personale esperienza nel cercare di essere una brava persona?

    2. Stimola il nostro senso di ingiustizia
    Vorresti quasi allungare una gamba e farlo inciampare, vero? (Okay, sì, scusa, so che stiamo parlando di essere persone più buone, ma seriamente…!) È troppo perfetto e questo da fastidio. Perché le regole della vita dovrebbero ignorarlo se non ignorano invece noi?

    Da fare: Ecco qui il tuo compito per la settimana: guarda I Magnifici Sette (che potrei aver imparato a memoria dopo averlo guardato ossessivamente ogni singola settimana a tredici anni), un film del western classico. Nel Punto Centrale del film, quando il cattivo bandito Calavera (interpretato da Eli Wallach) si scontra con l’eroico pistolero Yul Brynner, offre generosamente uno dei più importanti consigli che uno scrittore possa mai ottenere:

    Prima o poi pagherai per i tuoi atti di bontà!



    I personaggi non dovrebbero mai cavarsela facilmente, specialmente se si sta scrivendo di personaggi virtuosi. Se fosse facile fare la cosa giusta, sacrificarsi per gli altri e resistere contro il pensiero comune della gente, beh, saremmo tutti supereroi. Non funziona così, però. A volte fare anche la più piccola delle scelte giuste è la cosa più difficile che ognuno di noi possa fare.

    Così dovrebbe essere anche per il tuo personaggio. Ha aiutato una vecchina ad attraversare la strada? Bene. Colpiscilo con un autobus. O ancor meglio, rendi la cosa personale: lascia che sappia le conseguenze delle sue azioni prima di farle. Alla faccia del conflitto interiore! Se salva la vecchina, finisce in coma. Ne vale la pena? Immediatamente avrai una narrazione che fa porre domande invece di darti le risposte.

    Per esempio: Dato che stiamo parlando de I Magnifici Sette, concentriamoci sulla scena appena prima il Terzo Punto di Trama, dove i cittadini terrorizzati pretendono che i sette pistoleri abbandonino lo scontro prima di morire tutti e affrontino Calavera. I pistoleri si siedono per confrontarsi ed affrontare le conseguenze delle loro decisioni: altrimenti, succedono cose brutte. I cittadini potrebbero essere uccisi oppure i pistoleri potrebbero essere massacrati, magari persino traditi, e i cittadini uccisi comunque.
    Cosa fanno?
    Sono i buoni, ovviamente, quindi rimangono. Combattono. Muoiono. E alla fine i sopravvissuti possono solo ammettere una cosa:

    Solo i fattori vincono. Noi perdiamo. Perdiamo sempre.



    2. ESSERE BUONI NON SIGNIFICA SEMPRE SEGUIRE LE REGOLE

    Da non fare: Le regole sono importanti, ma non sono temi spettacolari. Le regole non sono domande, sono le risposte. Se il tuo personaggio “buono” esiste soltanto per declamare regole (“ed ecco perché non dovreste mai e poi mai fumare, ragazzi!”), allora diventerà noioso alla velocità della luce.

    Anche se il personaggio ci prova davvero tanto a non rompere le scatole ed invece si fa i fatti suoi e si assicura che ci siano tutti i puntini sulle I, probabilmente sarà noioso lo stesso. Qual è la cosa migliore di Hermione Granger, seguire le regole? O che a volte sferri un pugno in faccia a Draco e infranga tutte le regole per fare la cosa giusta?

    In effetti, se il tuo personaggio è uno che naturalmente segue le regole, costringerlo ad una situazione dove la sua coscienza gli chiede di infrangerle… mh, sembra che ci siano conseguenze interessanti, vero?

    Da fare: I personaggi “buoni” sono spesso (anche se non sempre) Personaggi dall’arco narrativo piatto che già possiedono la Verità della storia. Quando è così, è necessario che la storia del mondo e la maggioranza dei personaggi secondari siano in opposizione alla Verità. (Dopotutto: nessuna opposizione, nessun ostacolo, nessun conflitto). Per estensione, ovviamente, questo vuol dire che la storia del mondo è vicina alla non-Verità: la Menzogna.

    Un personaggio buono non può tollerare la Menzogna. Non può seguire le sue regole perché sa - o almeno è in un’avventura per scoprire che - le regole non sono, in verità, buone regole. L’autorità che le ha create non è una buona autorità. Perciò, anche se il personaggio buono non è un ribelle, le sue convinzioni non gli chiedono di seguire il suo mondo oppresso dalla Menzogna.

    Per esempio: Il romanzo d’esordio di Anthony Ryan, Il Canto del Sangue, è un ottimo esempio. Presenta uno dei migliori personaggi “buoni” che abbia mai visto. Il monaco-guerriero Vaelin è inequivocabilmente buono: leale, coscienzioso, devoto, onorevole, gentile, ma è costruito comunque come un personaggio coinvolgente ed affascinante proprio per il fatto che la sua storia è ambientata in una crescente opposizione al mondo in cui vive.

    Questo contrasto enfatizza molto bene la relazione con il suo migliore amico monaco-guerriero Caito, che è invece un ferreo seguace della legge. Spesso sono in disaccordo perché la coscienza di Vaelin lo porta lontano dall’idea socialmente accettabile di cosa vuol dire “persona buona”. Vaelin non è un ribelle di natura, è un ribelle soltanto perché non vuole fare un compromesso con la sua personale Verità. E questo è coinvolgente.

    3. ESSERE BUONI NON VIENE IN MODO NATURALE

    Da non fare: Una delle cose più odiose dei personaggi fastidiosamente buoni è che tutto per loro sembra facile. Anche quando affrontano conseguenze drammatiche, fanno comunque la scelta giusta e difficile senza battere ciglio. Poi resistono alle torture che seguono in modo stoico e, alla fine, ne filosofeggiano in modo saggio.

    Troppo spesso associamo la bontà con la perfezione e ciò è seccante. Per questo a volte è più facile diventare anti-eroi, che trovano troppo difficile essere buoni. Non scelgono di affrontare i loro demoni al costo di pagarne le conseguenze.

    Tony Stark, del Marvel Cinematic Universe, è un esempio eccellente. È un disastro di persona e per lui fare la scelta giusta, senza mandare a monte tutto, è ridicolosamente difficile. Tutto quello che riesce a fare di buono dei film è solo ripulire il disastro che ha fatto lui stesso. È un personaggio intrigante senza sforzo perché è pieno di imperfezioni.

    Da fare: Olivia de Havilland, l’attrice della Hollywood d’oro, fece questa osservazione che ad un primo approccio sembra poco intuitiva:



    Interpretare le brave ragazze negli anni trenta era difficile, quando andava di moda interpretare ragazze cattive. In realtà penso che interpretare le ragazze cattive sia noioso. Ho sempre avuto più fortuna con il ruolo di brava ragazza perché richiede di più da un’attrice.



    Richiede di più anche da un autore. Quando è costruito bene, un personaggio buono è tra i più forti e i più facili a cui associarsi. Comincia tutto con il creare personaggi realistici. Anche i personaggi la cui prima inclinazione è fare la cosa giusta, dovrebbero scavare nelle più oscure profondità di loro stessi per scontrarsi con la difficoltà delle scelte che prendono.

    Per esempio: Spider-Man 2 di Sam Raimi è ancora uno dei miei film di supereroi preferiti di tutti tempi e non a caso, perché affronta con facilità i profondi dilemmi della complessità morale. Peter Parker è una persona buona, non c’è da discuterne, vuole fare la cosa giusta solo perché è giusta, ma ciò è così difficile e gli costa troppo.

    Infatti l’intero film può essere visto come uno scontro esistenziale che si lega all’idea dell’abnegazione. Ad un certo punto Peter si tormenta:

    Posso avere anche io ciò che voglio? Quello di cui ho bisogno?



    Dimmi se questo non ti colpisce direttamente al cuore, se non è simile alle tue lotte personali e i tuoi ideali.

    4. ESSERE BUONI NON SIGNIFICA DARE PER SCONTATA LA BONTÀ

    Da non fare: Niente è più intollerabile di qualcuno che sa di essere buono, ecco perché adoriamo così tanto Mal Reynolds:

    La pietà è ciò che caratterizza un grande uomo. [colpisce] Mi sa che sono solo un brav'uomo. [colpisce] Be', sono passabile.
    Video



    La morale può essere bianco o nero, ma è anche un concetto infinito. Noi siamo finiti e ciò vuol dire che vediamo il mondo in una miriade di instabili tonalità di grigio. Anche quando siamo in una situazione nella quale è chiaro al 98% che stiamo facendo la cosa giusta, ci sono quasi sempre eventualità che ci fanno dubitare.

    Se non vogliamo considerare almeno la più incerta possibilità che non stiamo dalla parte del giusto come pensiamo, allora, come dicono in Giorno Maledetto (credo di essere in fissa con John Sturges oggi):

    Non stai soltanto sbagliando, sbagli clamorosamente.



    Non solo è odioso, è anche assolutamente spaventoso.

    Da fare: Scrivere di personaggi virtuosi offre tanto da riflettere quanto ne offre un personaggio anti-eroe bello e dannato. Anzi, un personaggio “buono” che si guarda dentro e cerca di salvarsi, con paura e tremori di ginocchia, può sollevare le più interessanti introspezioni sulla natura umana.

    I personaggi buoni non sanno sempre qual è la risposta giusta. Non sono onniscienti. Non gli è stato fatto dono di un “gene di bontà” quando sono nati. Sono solo come noi, che cercando di capire come comportarsi mentre vanno avanti. In quanto tali, offrono un incredibile aspetto di identificazione.

    Per esempio: La saga fantascientifica di David Feintuch, Seafort Saga è la storia di un coscienzioso e giovane ufficiale navale di nome Nicholas Seafort, che va nello spazio ed è intitolato capitano fin troppo presto. Anche se desidera ferventemente essere un uomo retto, occupa l’intera serie alle prese con dubbi sulla moralità, sull’umanità e su se stesso, in particolare.

    Nelle mani di un autore meno esperto, l’ossessiva ricerca della perfezione di Seafort avrebbe potuto essere percepita come perfezionamento di sé, che è sempre il bacio della morte per un personaggio “buono”. Invece, grazie al suo monumentale senso di dubbio, i lettori sono capaci di associarsi a lui anche nelle occasioni di alcune sue azioni indubbiamente atroci.

    5. ESSERE BUONI NON SIGNIFICA ESSERE DEBOLI

    Da non fare: “I buoni arrivano ultimi”, vero? Nella vita vera crediamo che “essere buoni” significhi “essere gentili” ed “essere gentili” significhi assecondare gli altri senza opporsi alle loro pretese. Ecco perché i personaggi “buoni” sono talvolta visti come zerbini.

    La questione è questa: essere buoni è essere forti. Lasciare che gli altri ti calpestino... è debolezza. Le due cose sono molto diverse. Le persone buone molto spesso sono gentili, premurose e generose. Ma possiedono queste virtù grazie al senso di completezza che portano dentro, non per il bisogno disperato di compiacere gli altri.

    Questa è un’altra ragione per cui gli autori spesso optano per un anti-eroe. Pensi forse che Wolverine si lascerebbe maltrattare e si lascerebbe imporre cosa fare? Certo che no.



    Da fare: Nemmeno il tuo personaggio “buono” ha bisogno di farsi maltrattare. Se ti attieni ai precedenti quattro principi della creazione di un personaggio "virtuoso" realistico e bilanciato, farai più che faville quando il personaggio si ergerà a paladino della giustizia.

    Crede che la ragazza più popolare della scuola non abbia il diritto di superarlo ogni giorno nella fila del pranzo? Allora non si arrenderà. Certo, ci saranno delle conseguenze, certo, la Signorina Reginetta del Ballo potrebbe dirgli che è egoista e sconsiderato, dato che deve proprio pranzare in fretta per raggiungere la riunione del comitato studentesco, ma non importa. Se il tuo protagonista pensa che qualcosa sia giusto, allora dovrebbe farlo.

    Per esempio: Quando penso a personaggi “buoni” convincenti, una delle prime persone che mi viene in mente è inevitabilmente Steve Rogers. Chi se non il più sciovinista, moralista, bravo ragazzo, piatto come un’asse da stiro, sarebbe potuto diventare uno dei più amati membri del Marvel Cinematic Universe?

    Steve prova costantemente che non permetterà che le sue azioni siano dettate da altri: non da i suoi capi, non dal governo e nemmeno dai suoi amici. Gli costa, ci combatte, ma come il suo grande amore Peggy, pensa:

    Fai compromessi dove puoi farli. E dove non puoi, non farli. Anche se qualcuno ti sta dicendo cosa è sbagliato e cosa è giusto, anche se il mondo intero ti sta dicendo di muoverti, è tuo dovere rimanere saldo come un albero, guardarli negli occhi e dire "No. Ti muovi tu"



    Considerando tutto questo dal punto di vista di un personaggio che riconosce la sua fallibilità, che è disposto a riconoscere che le sue convinzioni lo definiscono e che comprende le conseguenze delle sue scelte - la suddetta frase diventa un vero e proprio cavallo di battaglia dei personaggi "buoni".

    I personaggi “buoni” non sono sempre personaggi che “hanno ragione”, ma sono persone disposte a lavorare sulla loro oscurità e l’oscurità attorno a loro, nonostante il bisogno di essere fedeli ai loro stessi principi e alla loro concezione della vita. Poiché questo è quello che tutti noi stiamo cercando di fare, in un modo o nell’altro, si tratta forse della caratteristica più immedesimante per i lettori di cui potrai mai scrivere.



    Articolo in lingua originale: click qui.
    (© 2017 K.M. Weiland - Helping Writers Become Authors)

    Edited by z e f - 25/11/2020, 22:39
     
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