Victoire Soer
A Victoire bastava poco per prepararsi e non perché avesse poco da portarsi dietro, ma perché era davvero rapida e precisa quando era necessario. Certo, le bastava mettere tutto ordinatamente nella borsa e prestava molta più attenzione al suo equipaggiamento e alle risorse magiche da usare che a se stessa e questo era un vantaggio perché non doveva di certo imbellettarsi come una signora, ma almeno era veloce. E anche con i capelli distrattamente legati dietro la nuca, uscì tutta emozionata dalla camera, non prima di aver lasciato a Tondo una quantità industriale di cibo che gli sarebbe bastata per una settimana anziché un solo giorno.
E anche Chora, fuori, era già pronta con tutta la compagnia: erano armati e pronti a mettersi in gioco, abituati al pericolo tanto quanto la giovane Soer era abituata a compiere commissioni. Si salutarono brevemente e Victoire approfittò della presenza della sorella per parlottare come non facevano da tempo: a tutti fu evidente quanto assurdo fosse sentirle parlare con il loro accento e fu talmente stretto che talvolta erano incomprensibili, se si provava ad origliare distrattamente.
Un cristallo di teletrasporto Victoire l'aveva già visto: era stato quello che le aveva dato quella spiacevole condizione di intermittenza, ma nonostante questo non lo temeva. Al tempo stesso non ne era affascinata come il professore, perché gli oggetti magici non erano davvero il suo ambito preferito di studi, ma riconosceva la sua importanza. Ritrovarsi ai suoi piedi era come trovarsi davanti ad un progetto importantissimo, uno in cui avrebbe dovuto dare il meglio di sé, perché dipendeva ogni cosa dalla sua buona riuscita.
Si voltò ad osservare l'Elmrich, studiando il suo profilo inosservata. Trovava molto più affascinante scrutare l'emozione nei suoi occhi dorati che il cristallo in sé, spento e inattivo. Era così abituata a vederlo abbandonato a se stesso e seccato dalla monotonia, che era raro poter godere del suo entusiasmo e... quando ciò accadeva per Victoire era molto bello. Le piaceva stare a guardarlo.
«Noi sci mettiamo nei dintorni in attesa» proruppe Chora, evocando una liana-frusta così come sapeva fare Victoire, che arrotolò attorno al braccio. I suoi compagni tirarono fuori le armi, mostrando di essere pronti a difendere quando fosse stato necessario. La ragazza attese una conferma dal professore, da cui dipendeva come committente, e poi mandò ognuno dei suoi compagni ai quattro estremi della zona per sorvegliare eventuali agguati a sorpresa e negarli, qualora fosse stato necessario. Tutti speravano di potersi annoiare, senza dover rischiare davvero l'attacco di mostri, ma tutto era ancora da vedere.
Victoire si riscosse dal suo ben poco discreto fissare e poi si schiarì la voce.
«Profesore, vi seguo» annunciò, affiancandosi a lui «Ditemi cosa devo fàr.»
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