Lawful Gorgeous

[Dentro il Background aprile - Minaccia - Yasmin Aranondor]

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    Il mio nome è Glaukos, mezzelfo paladino di Althea. Ho dedicato la mia vita al servizio della Dea della Giustizia e degli ideali da Lei rappresentati. Ho impiegato ogni secondo della mia esistenza a diventare la Lancia che spezza il peccato e illumina la via verso la virtù. Sono forte, sono integerrimo. O almeno lo ero. Questa è la storia di come sono caduto.
    Tutto era partito da una richiesta di aiuto di una donzella in pericolo. Si trattava di una giovane umana di nome Meriem Ithreus, la figlia di un grande proprietario terriero dell'isola di Arcer. La Rivoluzione era terminata da poco e gli Ithreus avevano guadagnato grandi ricchezze da questo evento, ma purtroppo erano stati piagati dalla morte del capofamiglia. La madre, malata da tempo non era stata in grado di prendere il controllo dell'azienda agricola, compito che era dunque ricaduto sulle giovani spalle dell'unica figlia. La minaccia alla loro flebile stabilità veniva da una serie di attacchi che avevano colpito grandi possidenti della zona. Dei criminali penetravano nei loro terreni, rubavano il possibile e uccidevano le guardie per coprire la fuga. Erano stati almeno tre i casi che conoscenti di lady Meriem avevano riportato. Delitti incresciosi, che sarebbero dovuti essere puniti il prima possibile. Quando ricevetti la lettera, non ebbi alcun dubbio, quella era una crociata degna della mia prima avventura in solitaria.
    Mi dedicai immediatamente a trovare una pista e scoprii che si trattava del lavoro di una persona sola. Non vi annoio con i dettagli inutili, ma prendendo in carico il caso mi accorsi subito che doveva trattarsi di una persona fuori dal comune, alcuni dei suoi crimini sembravano impossibili da realizzare, talmente erano elaborati. E le vittime lamentate nella lettera in realtà non esistevano, come se il colpevole si fosse preso la briga di infliggere sempre ferite non fatali. Questi due elementi mutarono l'odio con cui mi ero approcciato al caso in curiosità, quasi ammirazione. Chi era quel misterioso criminale?
    Le ricerche furono fruttuose, proprio perché avevo un campione di studio già discreto capii quale era il modus operandi di questo personaggio. E capii come anticiparlo. La conoscenza del luogo del delitto era fondamentale per costui, di certo doveva raccogliere informazioni in maniera capillare. Fu proprio mischiandomi con il sottobosco delle città vicine che riuscii a individuare la pista giusta, trovando un personaggio sospetto che stava preparando qualcosa di grosso. La soluzione migliore, con un criminale così accorto, fu dunque quella di prenderlo alla sprovvista con un agguato. Individuai la locanda dove risiedeva e nottetempo mi apprestai ad assaltarla. Quando tutto fu pronto, mi infiltrai agilmente al piano superiore, quello dove si trovavano le camere affittate, senza allertare l'oste. La circospezione era fondamentale per operazioni di quel tipo. Raggiunsi la porta e la sfondai con un calcio poderoso. Fui così in grado di prendere alla sprovvista il malvivente, ma in quel momento fui colto dalla sorpresa più grande della mia vita. Sospetto che i lettori ormai avranno capito ciò che successe, ma io non avevo saputo leggere i segni. Mi aspettavo un vile criminale dall'aspetto burbero e poco curato, come mi era stato descritto ciò che a questo punto identificai come un travestimento. Invece si trattava una donna. Non solo, era un esemplare magnifico, per eleganza dei lineamenti e tonicità del corpo. Rimasi quasi paralizzato dalla visione di quei capelli dorati, che coprivano appena le orecchie appuntite, segno del suo retaggio mezzelfico. "Ma tu sei... un angelo!"
    Lei si mise in guardia ed estrasse al volo uno stocco, ma non attaccò. Si stava vestendo, quindi le sue forme prorompenti erano in bella vista. E io non ne ero immune, come lei parve accorgersi.
    "Perché lo fai? Perché una persona come te si dà al crimine?"
    Il dubbio era sincero. Lei aveva un aspetto così puro, non potevo conciliare questa cosa con ciò che faceva.
    "Perché la giustizia a volte è capricciosa e recondita, preferisce il buio della notte. Questi uomini possiedono schiavi, persone trattate come merci. Molto spesso nostri confratelli mezzelfi. Non posso permetterlo. E chiunque tu sia, non mi fermerai!"
    Mosse un passo avanti, ma così feci anch'io, per sottolineare la differenza di mole tra di noi. Avevo bisogno di mostrarmi forte, per celare il mio tentennamento interiore. Volevo spaventarla.
    "Non puoi decidere tu cosa è giusto o sbagliato. Ci sono delle leggi, create appositamente per questo. Noi viviamo in una società."
    Lei mi fissò per qualche istante, prima il mio viso e poi il simbolo sacro che avevo tatuato sul petto, ben visibile dalla scollatura generosa. Lo avevo sempre mostrato con orgoglio, ma in quell'istante lo sentii come una debolezza.
    "E invece sì che posso decidere io. Sei un seguace di Althea, dico bene? Pensi che la sentano la giustizia gli schiavi, quando vengono frustati? Come credi che sia vivere in una società che ti considera al pari un martello o di un chiodo?" Abbassò lo stocco, ma fece un altro passo in avanti. Questa volta io risposi indietreggiando. Stavo perdendo la discussione e lei lo sapeva. "Ci penserò io a risolvere questo problema. La farò io giustizia. Se vuoi potrai essere mio alleato, figlio di Althea, altrimenti sarò costretta a trattarti da nemico."
    La fissai in quei magnifici topazi incastonati nel suo viso. Erano ipnotici. Persi la testa. Mi sporsi in avanti e provai a baciarla. Lei si ritirò indietro con agilità e mi fissò a sua volta per qualche istante. Poi fu lei ad aggredirmi. I nostri corpi, sorpresi quanto noi da quella svolta improvvisa, ci misero poco a capire la giusta direzione da dare a quell'incontro. Lei era già quasi del tutto svestita, io indossavo pochi abiti già di mio, per far valere la mia agilità in combattimento. Quella sera dedicai ad altro obiettivo quella stessa prestanza. Le labbra peccaminose di quella giovane e ardita criminale furono solo il trampolino di lancio per la perdizione. Il suo corpo era quello di un angelo, eppure sembrava avere un demone in corpo. Quella serata insieme... non potrò mai dimenticarla.



    Il mio nome è Yasmin, mezzelfa nemesi della schiavitù. Questa è la storia di come ho rinunciato a una vita semplice e piena in nome della mia causa. Questa è la storia di come ho rinnovato ancora una volta la mia schiavitù personale.
    Quando si spensero le fiamme della passione, mi ritrovai a fissare il volto dell'uomo che mi aveva appena preso. Quella mascella squadrata, quegli occhi penetranti eppure così fragili. In quel momento erano chiusi, ma riuscivo ancora a sentirli su di me, mettermi a nudo figurativamente, prima che letteralmente. Il fatto che mi avesse chiamata angelo mi aveva terrorizzata, il fatto di aver discusso con me e avere implicitamente accettato la mia visione del mondo mi aveva riempito il cuore di orgoglio, anche solo per qualche istante. Quando si era fatto avanti non avevo saputo resistere, quel suo corpo era così poderoso e magnifico. Non ci eravamo detti alcuna parola, solo versi animaleschi, ciò era bastato per intenderci. Era stato bravo. Possente ma delicato, esperto ma spontaneo. Poi, una volta completato il suo compito, da bravo soldatino, si era addormentato di colpo. E io ero rimasta a fissarlo a lungo, valutando le mie opzioni. Restare con lui e godermi quel ben degli Dei sembrava invitante. Avere qualcuno a proteggermi. Era ovvio però che lavorare con una persona del genere sarebbe stato difficile. Mi erano bastati pochi scambi per capire che aveva una visione della giustizia opposta alla mia, insieme non avremmo fatto altro che lottare. No, meglio lasciare quella splendida nottata un'eccezione. Un dolce ricordo, con cui allietare le giornate solitarie della mia battaglia infinita.
    Mi alzai dal letto e mi vestii, con furtività massima. Presi le mie cose e poi scrissi in fretta e furia un biglietto da lasciare sul comodino. La notte era giovane e le difese della magione della schiavista scoperte. Avrei compiuto la mia impresa e poi sarei svanita nel nulla, come sempre. E poi avrei cercato di capire come ero stata scoperta, per non ripetere l'errore in futuro. Anche da quel punto di vista quella notte doveva rimanere un'eccezione, farsi scoprire facilmente era un rischio che non potevo più correre, una minaccia per la sicurezza del mio obiettivo.
    Mi girai un'ultima volta, fissando la figura abbandonata sul letto. Rimpiangendo la scelta, fatta tanto tempo prima, di dedicare la vita alla libertà altrui, rinunciando per sempre alla mia.

    "È stato bello, figlio di Althea. Forse un giorno ci rivedremo. Spero che quel giorno saremo dallo stesso lato della barricata.

    Il tuo angelo
    "
     
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