Giunti tutti dall'altra parte, l'Antarr si assicurò che tutti stessero bene. Voluspá rispose con un cinguettio timido alla premura di Balerion, facendogli capire che stava bene. Ancora il piccolo draghetto non riusciva ad avere confidenza col paladino, per quanto avesse comunque capito di potersi fidare di lui. Era che... il ragazzo era grosso e si muoveva bruscamente. I suoi movimenti lo confondevano e spaventavano un po'.
Zakahr allora si volse per guidare di nuovo il gruppo ed intanto fu di nuovo affiancato da Nyves. Lui le scoccò un'occhiata falsamente scocciata.
«No. È mio.» le diede una risposta che voleva essere giocosa, ma come al solito non era accompagnata da espressioni facciali molto comunicative, perciò in realtà sembrava un rifiuto bello e buono. Tuttavia mise la mano nella borsa e tirò fuori una delle parti di quel cristallo tutto frammentato. «Tieni, sei un po' più importate di questo cristallo. Ma solo un poco.»

Riunito il gruppo e a scanso d'altre obiezioni, avrebbe continuato per la galleria mostrando a tutti la cavità che procedeva verso l'alto.
«E oltre, lì a destra, sembra esserci un'altra cavità... il richiamo sembra provenire da quella parte»

Kenneth Zannacorta

Mentre Antarr rianalizzava i ricordi per capire come quel luogo potesse essere l'ingresso della Città Segreta, ascoltò le parole di Balerion e gli tirò uno scappellotto sulla nuca senza molte cerimonie, più o meno nello stesso momento in cui Liz gli disse di non essere volgare.
«Bada a come parli qui, questo è un luogo sacro» aggiunse. Più andava avanti e più Balerion gli ricordava Drakar.
Riprese quindi ad interrogarsi, cominciando a muoversi e guardarsi intorno per la radura. Ascoltò l'idea di Liz ma si ritrovò a stringere le labbra.
«Noi draghi non siamo molto avvezzi alle armi forgiate da fabbri e armieri. Dubito si tratti di quello...»
Quando Alma indicò il fiume che si intravedeva sulla collina, inclinò la testa. Non aveva chiarissimo dove si trovassero - e la cosa lo tediava anche un bel po' - ma pensò di ragionare ad alta voce per farsi aiutare anche dagli altri: «Il cuore del drago è la stella centrale della costellazione del drago. Indica a nord-ovest. Quel fiume mi sembra ad est, perciò... dovremmo essere nel posto giusto»
Stava giusto pensando che forse sarebbe stato meglio aspettare la notte per vedere le costellazioni e capirci qualcosa, quando Nyves disse: «Il cuore del primo drago del mondo... Il cuore di Notte.»
Antarr sbatté le palpebre, sorpreso. Poteva avere senso. Che si fosse sempre sbagliato su quella parte dell'enigma? O forse...
Balerion e Alma lo pensarono contemporaneamente al mezzo-drago: l'argento, di cui la "montagna" o il megalito potevano essere coronati... Poteva essere l'argento della luna!

Antarr glielo vide negli occhi violetti: la paura, la delusione, quel pizzico di disperazione. Sensazioni che capiva perfettamente, perché anche lui provava le stesse cose nei confronti della decisione che lui stesso aveva preso.

Quegli occhi violetti pieni di lacrime, le ciglia a ciuffi zuppi… Nyves forse non poteva vederlo bene a causa della notte, ma lui vedeva invece ogni cosa. Le afferrò delicatamente una mano e le sfiorò le nocche con le labbra, come a sancire quella promessa solenne che ancora una volta faceva davanti a Notte. «Ti assicuro che farò tutto quanto è in mio potere perché la tua non rimanga solo una speranza»
Poi condusse la mano di lei sul suo petto, sul cuore, come a voler sottolineare meglio che quella era una vera promessa. La guardò fisso negli occhi lucidi, dopo solo un attimo di silenzio. «Nyves, resta con me stanotte»

Notando che nulla usciva allo scoperto, Arevaë capì che probabilmente si trattava di un'infestazione, al che il giovane esitò per qualche attimo. Potevano cacciarsi nei guai, ma l'idea di chiedere informazioni a quei non morti era altrettanto buona. Doveva trovare qualcosa di efficace, perché sentiva che erano appena entrati nell'area infestata. Avevano catturato l'attenzione degli spiriti e per questo non c'erano ancora state conseguenze. Perciò, doveva scegliere con cura cosa avrebbe detto dopo.

Complice dell'aiuto di Oryx, continuò: «Possiamo far terminare la vostra sofferenza»

«Che ne sai tu del nostro destino inglorioso?» insorse all'improvviso una delle voci. Gli alberi intorno a loro furono colpiti da un fruscio innaturale. «Non sapete cosa vuol dire essere mollati qui, nella Piaga, alla mercé di questa natura matrigna!»

«No» Arevaë valutò con cura cosa dire. «Di loro non ne sappiamo nulla. Ma io so com'è la non morte. Capisco il vostro dolore e lo rispetto»

Pian piano, a seguito di quelle parole, una dozzina di figure incappucciate iniziarono a formarsi davanti a loro. Eteree, incorporee.

Uno di loro cominciò a girar loro intorno, lentamente, incuriosito ma diffidente ancora. «Siete in due... che cosa siete l'uno per l'altro?»

Arevaë rimase meravigliato dalla domanda e attese un attimo.

«Colleghi? Amici? Amanti? Siete qui insieme ma se qualcosa vi mettesse in pericolo e solo uno di voi potesse scappare, chi se ne andrebbe, lasciando qui l'altro, solo come un cane?»

Drakar Ny'lor | STIRPEFURIOSA | LV 16 | SCHEDA | Punti tifo: 6/10

Drakar e Qesiraë avevano finito di bisticciare non appena lo scontro era entrato nel vivo. Entrambi erano rimasti a guardare mentre il gruppo del dinosauro si abbatteva senza pietà sugli avversari come una violenta orda barbarica.
Si trattò davvero di pochi momenti: i primi colpi, i primi abbattuti, poi un momento di stallo in cui a rimetterci fu proprio il dinosauro.
«Noooo uffa!» gridò la bambina insieme al boato del pubblico. «Come ha fatto?? Con una spada sola!»
Qesiraë incrociò le braccia e mise il broncio, offesa. Drakar invece guardava lo scontro, ammirato.
«Che ti avevo detto?»
«Non è vero!»
«Sì!»
«No!»
«Sì!»
Intanto Hanalei tifava per l'altro scontro, tant'è che dopo un po' e i due cominciarono anche a guardare da quel lato. Era tutto scuro, ma la famiglia al completo ci vedeva bene.

«Ma quello è Balerion!» esclamò ad un certo punto Drakar, strabuzzando gli occhi. Aveva assistito lui stesso alla selezione del torneo, quando aveva abbattuto Ingrid come prova d'ingresso. «Sta per farsi gabbare da quattro insetti! Com'è possibile?? Avanti, Balerion!»

Antarr | DRUIDO/MAGUS | LV 9 | SCHEDA | Punti tifo: 6/10

Antarr non aveva potuto far a meno di notare i sotterfugi di monete tra Nyves e qualcun altro, ma aveva accuratamente evitato di commentare per evitare che lei gli rispondesse con spocchia.

«Perché ci sta mettendo tanto? Ma soffia fuoco, no?!»

Arevaë di Nyloria | OCCULTISTA | LV 13 | SCHEDA | Punti tifo: 6/10

«Oh be'» la fine del biondo per cui stavano tifando fu rapida ma decisamente gloriosa. Non ebbe nemmeno tempo di dubitare troppo, anche se in mezzo avrebbe voluto anche fare il tifo per Yeh'ezqel. In effetti, lui non aveva avuto bisogno di molto seguito per infliggere dolore mentale alle sue vittime.

«Che succede di là?» domandò ad Hënë per pura chiacchiera, anche se in realtà ci vedeva regolarmente nel buio. Lo scontro continuava e c'era di nuovo la situazione in cui un solo guerriero rimaneva solo contro tutti. Uno che però sembrava farcela.

«Wow, guarda che roba»

⊳ Drakar: +2 a Balerion; interagisce con Hanalei » Fyan
⊳ Zakahr: +2 a Balerion; interagisce con Nyves pandøra

⊳ Arevaë: +2 a Balerion; interagisce con Hënë » Fyan

Staff di Assiah

«LA DIGA È NOSTRA!»

D’un tratto una voce superò le altre. Una delle navette drakariane percorse con un rapido giro tutto il perimetro dei giardini e poi volò vicino alle merlature delle torri, vicino alla zona dove una volta c’era il balconcino caduto all’inizio del terremoto.

Gli assaltatori lanciarono grida di approvazione, mentre un paio di navi si sollevavano dal resto, che continuava la sua opera di mietitura.

«LA DIGA È NOSTRA!» ripeté la stessa persona, cadenzando ogni parola. Fece fermare il suo mezzo, che rimase a fluttuare, e si levò la maschera dal volto. Mostrò un viso giovanile dai lineamenti un po’ squadrati e ribelli capelli fulvi, tipicamente aurora. Lo sguardo attento e fiammeggiante di Síoda si rivolse verso il basso, mentre il rombo dell’acqua si alzava dietro di lui.

Alcuni del gruppo di assaltatori cominciarono a ritirarsi alla spicciolata.

«L'umanità teme da sempre quello che non riesce a capire. Donne, bambini, intere famiglie distrutte semplicemente perché sono nati diversi da chi era al potere.» 

Fece una pausa guardando i nobili scappare come formiche. Alcuni lo guardavano atterriti, altri semplicemente cercavano un modo per avere salva la vita.

Accanto a lui si fermarono le navette di chi aveva catturato lord Haderique e lord Louis, i quali gridavano e si lamentavano paralizzati dal terrore.

Síoda agguantò il padrone di casa per la collottola.

«Beh, dopo stanotte i potenti del Nentyr si accorgeranno che non ce ne staremo buoni a farci umiliare, perseguitare e uccidere. Questa sera prendiamo ciò che a tutta Assiah serve per vivere. E noi ci prendiamo il diritto di stare al mondo!»

Fece un cenno al ragazzo accanto a lui, di cui si vedevano solo ciocche rosso scuro oltre la maschera. Questi si tolse la maschera a sua volta, rivelando un volto giovanissimo, forse quindicenne. Jonathan riconobbe Il Principe, un giovane mandato ad Issrotha per un'imboscata da parte del Nentyr. Quell'occasione era stata anche l'ultima in cui il Tiratore aveva visto Síoda, quello che ora appariva il capo della spedizione.
Con un colpo rapido di pugnale, Il Principe tagliò la gola a lord Louis. Con un suono strozzato, il nobile lasciò cadere una cascata di sangue scuro e i ribelli lo lasciarono cadere verso il basso, privo di vita.
«Questo è per le persecuzioni» esclamò Síoda. Rafforzò la presa sul colletto di lord Haderique.
«E questo è per tutte le vite che avete rubato»
A quel punto, con un solo movimento secco a mani nude, spezzò il collo anche del lord padrone di casa.

Quando lo lasciò cadere anche il secondo cadavere, il resto del gruppo esultò e tutto il gruppo si sollevò in aria, mentre la potenza dell'acqua irrompeva nel giardino, scavalcando esplosiva le mura.

Era curioso come, ad eccezione degli spari, quella scena si stesse svolgendo quasi nel più totale silenzio, nonostante la sua concitazione.

Aiden scoccò un'occhiata adirata al mostro e allo stregone che era stato catturato, anche se questi, in quel momento, era troppo occupato per vederlo. Mentre Eirene si dirigeva spedita verso quell'imbecille del cuoco e con un'ondata lo aiutava ad issarsi a riva, una creatura esterna fatta d'acqua con testa di squalo si materializzò in molteplici flutti.

Il capitano la guardò, non capendo cosa diavolo fosse. Tra i pirati si raccontavano numerose leggende su creature simili. Era forse uno spirito del mare? Qualcosa che Eirene aveva fatto formare? Le lanciò un'occhiata per capire ma la vide tutta indaffarata a raggiungere il cuoco.

L'elementale, in ogni caso, sembrava volerli aiutare. Si avvicinò al mostro volante e allo stregone, cercando di assestare un colpo al mostro per fargli lasciare la presa. Il mostro tentacolare però si voltò di scatto, evitando i flutti pericolosi della creatura.

Ancora una volta, il capitano sospirò adirato, quasi ringhiando. Sentiva un gran bisogno di gridare di frustrazione o almeno borbottare imprecazioni rivolte a tutta quella massa di incompetenti, mentre ricaricava l'arma. Nel frattempo lanciava occhiate tutt'intorno a sé. Là dentro c'era bisogno di un'idea e l'unico che poteva farsela venire era lui.

Prese poi la mira cercando di puntare alla testa del mostro, anche se quello si muoveva in continuazione. Tuttavia, spinse il grilletto e l'arma emise un suono otturato e metallico. Per un solo attimo il capitano si chiese cosa stesse accadendo e solo per la foga del momento. Il secondo dopo lanciò una bestemmia a tutti gli dèi che conosceva. Poi lanciò via l'arma, che atterrò sferragliando da qualche parte sul fondo di quel dislivello.

«Fanculo!» completò come fosse stato il cultmine di una preghiera molto ben strutturata. Non gli importava se avrebbe attirato quel mostro. Anzi, fargli cambiare direzione di continuo non avrebbe fatto altro che migliorare la situazione.

Al termine della pazienza, scese di sotto dal leggero balzo della cascata e si avvicinò a grandi falcate verso il mostro, come fosse stato uno della sua ciurma da rimproverare. Nel frattempo mise mano alle spade.

Vera lo raggiunse subito: fino a quel momento aveva pensato a qualche incantesimo da poter lanciare sul mostro in maniera da fargli lasciare la presa, ma sapeva che quando il capitano giungeva al corpo a corpo era tempo di assisterlo con la sua magia.

Il mostro aveva seguito i rumori che Fered gli aveva fatto udire con la sua magia. S'era infatti spostato dalla zona dell'acqua, alla ricerca di qualcosa che non avrebbe trovato sulla terraferma. Poi però qualcosa l'aveva raggiunto e aveva dovuto desistere. Davanti a lui c'era una creatura d'acqua che non vedeva molto bene, ma era probabilmente lì per infastidirlo. Così il mostro cercò di raggiungerlo subito con un morso per toglierselo davanti, con il povero Yeh'ezqel ancora lì bloccato e ben stretto tra i tentacoli.  

Tra le tante chiacchiere di quella giornata, Zakahr non si aspettava una domanda come quella che Nyves gli aveva appena posto. Rrimestò col cucchiaio la sua minestra e allungò un pezzo di carne in brodo a Voluspá. Lui, da grande cacciatore qual era e che doveva dimostrare a Scaglia, lo rifiutò.

«Un posto così, accogliente e pieno di allegria.»

Se per un attimo Antarr non aveva avuto nessuna risposta da dare, per qualche secondo le parole e il gesto di Nyves gli fecero allontanare lo sguardo verso la stanza. Il tintinnare dei bicchieri, le voci quasi gridate dei commensali che cercavano di sovrastarsi gli uni gli altri, la musica, le risate fragorose, i borbottii di chi giocava a carte.

C'era tanto rumore ma in quel momento gli parve distante e ovattato. Gli parve di poter vedere Byanca, Gerallah, Tanath, Qelora... Saileach. Tutti loro potevano essere lì in quel momento. Qualche volta aveva come l'impressione di vedere il guizzo del codino biondo, lo sguardo sfuggente dell'anziana, o il balenare delle scaglie rosse. Ma non era così. Non era così e doveva farsene una ragione.

Certo, certo che lo voleva. Ma era una realtà così distante, così utopistica. Eppure, il desiderio non moriva mai.

Si rese conto di aver fatto passare troppi secondi dalla domanda di Nyves e tornò a guardare il tavolo, tornando alla realtà. I rumori si rifecero attivi e vividi e quella sensazione di distacco lo abbandonò. Voluspá continuava ad avere problemi con Scaglia, i boccali battevano sul legno del tavolo, il fumo umido della sua zuppa bollente.

«Ha importanza?» rispose allora senza un tono particolare. «Non può essere, non ha senso per me pensarci»

«Guarda le luci! GUARDA LE LUCI!»
Nei loro viaggi in giro per il mondo, Nyves aveva sentito parlare di quella dannata festa e aveva insistito fino allo sfinimento per andarci. Una sera sola, aveva detto, si trattava solo di una sera. Sicuramente non avrebbe fatto loro del male e non li avrebbe distratti dai loro obiettivi.
Zakahr si coprì un orecchio all'esultanza di Nyves. A lui le feste piacevano solo a distanza. Gli piaceva osservare da lontano le attrazioni e la gente spensierata, ma pensare di farne parte...
«Guarda che non le vedo meglio se gridi»
A quella festa era andato solo per fare un piacere alla compagna di viaggio e sarebbero scappati via il prima possibile. In fondo, quanto poteva durare una dannata festa?

Nyves gli piazzò in mano un paio di pattini da ghiaccio. Magici.
“Troppo. Ecco quanto può durare.”
Lo pseudodrago Voluspá, accomodato nel cappuccio del suo mantello, sghignazzò con un verso. Zakahr lanciò all'elfa un'occhiataccia che lei ignorò bellamente mentre dal canto suo calzava subito i pattini e si lanciava in pista.
«GUARDA, ANTARR! LASCIANO LA SCIAAAA!»
Lui non entrò in pista e invece si appoggiò coi gomiti alla staccionata che delimitava la pista di pattinaggio, con la faccia da genitore annoiato che porta la figlia a spasso, per nulla intenzionato ad unirsi a quella baldoria.
Però sorrise. Per quanto tutta quella calca lo mettesse a disagio, il comportamento di Nyves non poteva fare a meno di divertirlo.
«Vedi di non sudare. Un malanno è l'ultima cosa che ti ci vuole» la sbeffeggiò simulando un tono serio, prendendosi segretamente gioco delle madri apprensive e di Nyves stessa, che in quel caso interpretava la parte del figlio discolo.

Il Festival dell'Inverno, finalmente Arevaë vi prendeva parte per davvero. Forse perché erano legate alle sue vicende o forse solo per un semplice gusto personale, Arevaë non poteva che amare tutte le festività legate alle stagioni. Lui, che amava studiare le cose a fondo, aveva scoperto tantissime informazioni interessanti riguardo le feste degli equinozi e dei solstizi, perché queste in realtà erano legate ad eventi interplanari molto molto più grandi di quelli che loro credevano di vivere.

Come quel luminoso squarcio nel cielo, l'aurora boreale. La prima cosa che Arevaë fece quando lui ed Hënë giunsero a Lago Crescente fu proprio osservarla per diversi minuti, col naso all'insù.

Poi però si era lasciato avvolgere dal brio della festa e dalle nuvolette di condensa che il freddo faceva formare ogni volta che parlavano. La neve, le luci, la folla... le voci. Persino loro erano allegre.

«Che bello. Che cosa ti va di fare?»

Se ne andava a braccetto con Hënë, ben affondati in cappotti dall'imbottitura di pelo, sciarpe e guanti.

«Io queste attrazioni voglio provarle tutte. Vieni, guarda là» dichiarò con un sorriso contento e puntando gli occhi sulla competizione di tiro con l'arco. Poteva andare lì e stracciarli tutti con le pistole. E poi c'erano i dolci, la cioccolata calda, il pattinaggio. Potevano occupare la serata in molti modi.

Qesiraë, dal canto suo, era subito corsa avanti ai due fratelli, che per differenza d'età vedeva più come una specie di zii. La bimba era completamente coperta da capo a piedi ma in realtà non aveva affatto freddo. il fuoco che bruciava in lei la teneva al caldo senza alcuno sforzo.

«Raë, non ti allontanare!» sentì poi la voce di Arevaë come una specie di eco.

«No, no!» assicurò, salutando con una manina guardandosi indietro. Poi andò a sbattere contro qualcuno, giacché non guardava dove metteva i piedi. Cadde seduta nella neve e quando alzò gli occhi vide incombere su di sé un omone con un cappotto rosso, la barba bianca, e un sacco in spalla.

Se per un attimo il volto volitivo di lui l'aveva spiazzata, subito dopo gli occhi di Qesiraë si riempirono di luccichini. Balzò in piedi, con le chiappe ancora grondanti di neve.

«DRUIDO ROSSO! DRUIDO ROSSO! È ARRIVATO IL DRUIDO ROSSO! BIMBI VENITE!» si rivolse a casaccio a quelli che giocavano a palle di neve, anche se quei "bimbi" erano tutti più grandi di lei, per non parlare di Syn e Lionel. Poi tornò a rivolgersi allo gnomo troppo cresciuto. «DRUIDO, MI HAI PORTATO IL DRAGO CHE TI AVEVO CHIESTO? EH, EH! SONO STATA BRAVISSIMA, ME LO MERITO, PER FAVOOORE!»

Il nostromo si diresse subito per le scale senza lasciare tempo di decidere chi ci sarebbe andato. In effetti, a nessuno piaceva l'idea di andare a scomodare il capitano e il suo caratteraccio. Parlare a qualcuno di prima mattina metteva di cattivo umore molta gente, tra cui il già irascibile capitano.

Quando salì sul ponte, Fered incontrò il quartiermastro Gates, anche lui in calzamaglia, che indugiava di fronte alla porta dell'ufficio del capitano. Probabilmente anche lui si chiedeva se fosse il caso di disturbarlo e stava decidendo se valeva la pena prendersi la possibile strigliata.

«Fered» lo notò il signor Gates e gli si rivolse a bassa voce. «Anche voi in mutandoni? Non riesco a capire cosa stia accadendo e mi domandavo se disturbare il capitano»

Si fece raggiungere alla porta prima di bussare e gli altri pirati si affacciarono dalla botola che portava in sottocoperta.

«Capitano?» chiamò Gates, bussando alla porta. «C'è... C'è un problema. Nessuno nella ciurma trova i suoi vestiti...»

Aprì piano la porta illuminando l'interno. Il capitano doveva essersi alzato a sedere da poco sui divanetti dell'ufficio dove probabilmente aveva passato la notte, con ancora il volto pesto dal sonno.

«Bravi, branco di imbecilli» rispose lui liberandosi della coperta bruscamente. «È quello che vi meritate per essere così stup-» Allungò quasi alla cieca una mano verso la sedia della scrivania, dove erano appesi i cinturoni con le armi e il cappello del capitano. La sua mano cascò a vuoto aspettando di incontrare dei vestiti... Che non c'erano.

«COSA?!» Gli uomini dell'Inarrestabile avrebbero presto udito sbraitare la voce del capitano, uno sbraitare principalmente composto da bestemmie, imprecazioni e minacce verso chiunque avesse pensato a quello scherzo. Lo sfogo non era ancora terminato quando Aiden Jaeger mise mano alle pistole e si diresse fuori dall'ufficio, facendosi spazio tra nostromo e quartiermastro. «Fuori dai piedi! Il buontempone che non ha niente di meglio da fare che dispensare scherzi idioti... Lo ammazzo!»

Sollevò lo sguardo quasi per caso durante la sua furia e suo castello di poppa vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere: un filo dei panni per stendere. E vari abiti appesi al sole.

La sagra della birra a Il Martello Dorato era uno degli eventi che Drakar Ny'lor amava di più e per cui insisteva a partecipare ogni anno anche se era un re; anche se tutti i consiglieri dicevano che aveva molto di meglio da fare che andare ad ubriacarsi in una terra lontana; anche se avrebbe fatto meglio a ricordarsi di risanare il debito pubblico e tante altre faccende noiose a cui non aveva voglia di pensare.

“Bazzecole, per far ubriacare Drakar Ny'lor ci vogliono mille boccali di birra di fuoco nanica!” rispondeva sempre l'Eroe di Nyloria e in una certa quale misura aveva ragione. Il suo fisico era sicuramente temprato da allenamenti e battaglie. Pur ingurgitando una fiala intera di veleno, Drakar si sentiva sicuro di poterla spuntare senza un singolo mal di pancia. Ma certo era che per farlo ubriacare ci volevano molte meno birre di mille. E non occorreva che fossero birre di fuoco.

Drakar Ny'lor era arrivato alla locanda di Inna e Nestor che era ancora pomeriggio, quando la famiglia stava ancora allestendo i tavoli e preparando le portate. S'era presentato lì in compagnia di Hanalei Adesh't, capo del Tempio di Sobir e sua compagna di vita. Per quell'occasione avevano deciso di prendersi una vacanza lontano da consiglieri, figli e tate.

La carovana era giunta in pompa magna, con squillo di trombe e rullo di tamburi, ma tutto quello che a Drakar importò fu di salutare i locandieri, che ormai lo conoscevano benissimo, e tutta l'allegra famigliola. Aveva iniziato a bere praticamente dal tramonto.

Quella sera, perciò, mentre il locale pian piano si riempiva, Drakar era stato felicissimo di accogliere chiunque. Persone che conosceva e con cui aveva fatto amicizia negli anni precedenti. Gente che non aveva mai visto prima ma che non si faceva intimidire da qualche tatuaggio. Aveva cominciato con le sfide a bere, era passato ai giochi a penalità che prevedevano bevute di birra, finché non era più stato in grado di ricordare se sedesse con qualcuno che conosceva da una vita o col primo passante.

Ad un certo punto, aveva deciso che in quel posto faceva troppo caldo, che c'era troppo rumore e che aveva fame. Scoccando un'occhiata all'Albero della Cuccagna presentato da un misterioso nano assolutamente sconosciuto in piedi sui tavoli, aveva visto succulenti insaccati e altre cibarie improvvisamente profumatissime.

«Ah! Lo sapevo, hic! Nye-li mi ha sempre preso in giro!» biascicò rivolto a... chiunque ci fosse accanto a lui. «Gliel'avevo detto che i prosciutti crescono sugli alberi. Mi aveva chiamato ignorante! Razza di bisbetica so-tutto-io»

Dopo quelle parole aveva dunque proceduto nel cercare di scalare l'albero di sua iniziativa per andare a raggiungere quelle bontà. Anche se gli sembrava che scalare un albero non fosse mai stato così difficile, quei frutti sembravano decisamente troppo gustosi per lasciarli lì in balia degli uccelli. E poi, chi erano quei contadini screanzati che avevano potato così male quell'albero? E perché lasciavano i frutti là quando poi andavano a lamentarsi con i suoi funzionari dicendo che non c'era raccolto e che la Piaga faceva appassire i raccolti?

«Buoni a nulla, pezzenti scansafatiche lamentosi» finalmente raggiunse uno dei premi sulla cima, qualunque cosa fosse.

«Tutto io devo fare! Gnam!» e addentò vorace il primo premio che gli capitò a tiro.

Se in un primo momento tutto quel teatrino gli era sembrato un giochetto divertente, le parole di Nyves lo fecero improvvisamente irrigidire.

«È dolce! C'è davvero del tenero lì sotto!»

In effetti non era poi così difficile mettere Zakahr in imbarazzo, eppure l'ultima volta in cui si era sentito a quel modo non lo ricordava nemmeno più. Voluspá, sulla sua spalla, emise un verso nel fondo della gola che Antarr sapeva benissimo essere l'equivalente delle risate. Il mezzo drago prese fiato per dire qualcosa e invece non disse proprio niente. Spostò invece la testa da un lato per evitare di guardare Nyves negli occhi per pochi secondi.

Quando Nyves spostò indietro i capelli, Zakahr fu irrimediabilmente portato a guardarla di nuovo. Gli occhi gli si puntarono automaticamente sui minerali che l'elfa portava come orecchini e Nyves avrebbe potuto sicuramente vedere le sue pupille verticali dilatarsi leggermente. L'interesse per qualsiasi cosa preziosa lo tradiva nonostante tutto.

Minerali che simboleggiavano il loro legame? Per aver usato degli smeraldi veri, Nyves doveva tenere molto alle amiche di cui aveva parlato.

«Quindi sappi che considererò questo tuo regalo allo stesso modo. Io il drago verde... e tu il drago argento»

Due draghi accomunati dalle scaglie simili a gemme preziose. Aveva già sentito parole del genere, ed era strano sentirlo di nuovo e in quel contesto.

Sollevò di nuovo la mano che aveva involontariamente stretto a pugno intorno alla sua gemma da quattro soldi e la guardò. Dopo qualche secondo tornò con gli occhi a Nyves e la fissò in volto come se stesse per rimbrottare qualcosa. Invece infilò la pietra in tasca e si voltò dall'altra parte.

«Andiamo, Scaglietta-con-la-tosse. Sto morendo di fame. E comunque il mio colore è il platino»

Hanalei si avvicinò al gruppo, chiedendo se avrebbero giocato loro due contro tutti.

«Mi ricorda il Tutti Contro Drakar» osservò il regnante di Nyloria. «Ma questa volta le cose andranno diversamente»

Mentre Gwenniel cercava di coinvolgere tutti quelli che erano arrivati in spiaggia, Drakar cominciava a contare le teste e a formulare ipotesi di squadre a seconda della fisicità dei partecipanti, per tentare di fare un paio di squadre equilibrate. Per quanto amasse vincere, una vittoria facile non avrebbe dato la soddisfazione che cercava!

A quel punto, un giovane dalla criniera di capelli fulva si presentò a lui.

«Permettetemi di partecipare, altezza. Mi chiamo Balerion Blaze, Paladino di Tamara e Nyloriano»

Drakar apprezzò subito il suo ardore giovanile e gli impartì una sonora pacca sulla spalla, facendogli cenno di unirsi al gruppo che lo accompagnava.

«Ma certo, Balerion, vieni pure. Sei dei nostri»

Stava giusto decidendo quale sarebbe stato l'assetto finale delle squadre, dando per scontato che almeno tutti i membri del tempio Nyloriano sarebbero stati nella stessa squadra, quando un nano - in tenuta alquanto impudica - lanciò la definitiva sfida contro il re di Nyloria e la sua corte, cercando appunto di creare una squadra. Per di più, aveva appena chiesto a Balerion di far parte della sua squadra a sua volta!

Drakar Ny'lor, comunque, sorrise subito di rimando alla provocazione del cavaliere nanico. Le sfide gli piacevano e il drow non era affatto qualcuno che avrebbe preso sul personale certe parole. Anzi, lo divertivano un sacco e rispettava l'orgoglio del popolo nanico.

«Nessuna offesa, state sereno. Ma devo essere spiacente, mastro nano, il ragazzo ha chiesto di far parte della mia squadra! In ogni caso, temo di non aver afferrato il nome del mio più ardito rivale in questa sfida. Il vostro nome?»

Stava giusto pensando a come continuare quella divertente conversazione mentre decidevano come dividersi in squadre, quando Vëon riuscì - come sempre - a rompergli le uova nel paniere.

«Io sto con il nano»

Per quanto Vëon probabilmente non sarebbe stato di grande aiuto dal punto di vista fisico durante il tiro alla fune, quello fu un cambio di bandiera che Drakar non si sarebbe mai aspettato e la cosa fece crollare tutti i programmi mentali che si stava formulando.

«Brutto traditore, meschino, vile! Non tramare contro la tua corona, questo è alto tradimento! Ah, lo sapevo, non c'è da fidarsi di quelli che si ritengono "vecchi amici" e "migliori consiglieri". Povero me! Sai cosa ti dico? Vai, va' a far perdere la tua squadra preferita! Non abbiamo bisogno di te! Vieni, Gwenniel, ti preferisco. Ti definisci senza forza, ma lui ne avrebbe avuta ancor meno»

Sfogata la tua indignazione, riprese a cercare di dar vita a delle squadre sensate.

«Voialtri, laggiù! Giocate con noi?» si rivolse ad alcune persone che erano arrivate dopo di lui, in direzione in particolare di un paio di mezzorchi, e un gruppo di creature acquatiche in riva, forse ondine. Aveva intravisto in quel momento mago Adrian e una misteriosa compagna elfa che non conosceva, e estese l'invito anche a loro se mai avessero voluto prendere parte al gioco. Si voltò anche in direzione di alcuni bagnanti, schermandosi la vista dal sole con una mano.

«Ma cosa vedono le mie fosche pupille! Re Calass, la principessa di Arborea e la loro cortigiana! Avanti, non siate timidi, vi vogliamo tutti in squadra!»

In acqua c'era anche un giovane dagli ondeggianti pettorali che conversava con esseri marinidi. «Anche voi, laggiù, stiamo facendo delle squadre!»

A quel punto si rivolse principalmente al mastro nano e a Gwenniel che in pratica stavano organizzando assieme a lui quella disputa divertente.

«Se qualcuno si aggiunge al gioco, i signori mezzorchi possono stare in squadra con il messer nano e così dovremmo pareggiare. Altrimenti sarò costretto a cedere il buon Balerion alla squadra nanica. In squadra così saremmo io, Hanalei, Gwenniel, Gin e Shauri contro il mastro nano, Veon, il giovanotto dai capelli rossi - il tuo nome per favore? - e Balerion. Che ne pensate?»

Intanto una piccola creatura si avvicinava agli ombrelloni in direzione della famiglia reale nyloriana. Era piccina, con un paio di misteriosi cornetti sulla fronte e si avvicinò a Qesiraë, che intanto era rimasta indeitro sotto gli ombrelloni a cercare di prendere Arevaë per sfinimento ora che Shauri aveva accettato di giocare.

«Possiamo giocare insieme?» disse la piccola.

Qesiraë si lasciò distrarre subito dall'intento di coinvolgere il fratellastro nei giochi e rivolse invece la sua completa attenzione alla piccolina.

«Oh, ciao!» rispose sorpresa e un pochetto intimidita dall'aspetto inusuale della bambina. «Sì, come ti chiami? A cosa giochiamo? Aspetta, vieni con me, vado a chiedere a papà»

Senza mezzi termini, Qesiraë prese per mano la nuova bimba e si avvicinò al capannello di adulti schiamazzante. Tirò da un lato i calzoni del babbo finché questi non gli diede attenzione.

«Papà posso andare a giocare con lei?»

Drakar si voltò verso di loro e per un attimo aggrottò le sopracciglia nel guardare quelle piccole corna. Discendenza infernale? A Drakar non piacevano nemmeno un po' gli infernali, e velocemente si guardò in giro sulla spiaggia per capire da dove fosse spuntata fuori quella piccoletta. C'era molta gente, ma l'unica che sembrava potesse avere una parentela con la bimba misteriosa era una donna sensuale con un cappello dalla moda inusuale e i capelli scuri. La cosa lo insospettì ma non volle negare del sano divertimento a dei bambini.

«D'accordo, vai. Fai venire qualcuno della famiglia con te, Arevaë o Hënë» le lasciò andare, in maniera che la misteriosa bambina si allontanasse un po' prima di Qesirae e poi prese da parte la figlia per alcuni secondi. Le bisbigliò qualcosa inginocchiandosi accanto a lei: «E se ti fa del male, bruciala. Ora vai, divertiti»

Zakahr sentì una specie di vibrazione nell'aria, a seguito delle sue stesse parole. Doveva essere il battito del cuore di Nyves. Un drago poteva sentire cose come quelle con l'udito, qualche volta.

«Mi aiuterai a diventare forte? Non mi interessa se sarò sola, voglio diventare anche io un drago. È quello che sono, e non voglio evitarlo più.»

La vibrazione aumentò di qualche attimo, ma in quel momento Zakahr seppe che quelle parole avevano scosso qualcosa anche dentro di lui. Un senso di similitudine? Un semplice ricordo di quello che anche lui una volta era stato? Non poteva fare a meno di ricordare quando ancora cercava i draghi perché sentiva di avere una connessione con loro, anche se non sapeva quale.

Lui era sempre stato un drago, prima ancora di saperlo. E anche Nyves. L'aveva sentito sin dal primo momento.

Prese un lungo respiro e poi si voltò a guardarla, vedendo la determinazione nei suoi occhi. Non sapeva perché gli stava venendo in mente una cosa in particolare, ma se sapeva qualcosa riguardo il suo istinto era che doveva fidarsene perché raramente sbagliava.

«Stai pur certa che nessun drago in difficoltà sarà ignorato da me. Nemmeno uno senza scaglie» glielo disse col tono di un giuramento solenne, lì con Notte come testimone.

Zakahr infilò una mano nella borsa da cintura, cercando dentro qualcosa. Tuttavia, non ebbe mai tempo di tirarla fuori.

«Nuka? Qualcuno ha visto Nuka?!» la voce di Oline li raggiunse quasi subito e, insieme a loro, fece scattare su quasi tutti quelli che si erano addormentati intorno a loro. Non se n'erano accorti, ma con i loro discorsi s'era fatta notte fonda.