Silenzio e musica

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    La storia fin ora
    topic di provenienza: Sorridi, principessa
    Friederik è il dissoluto secondogenito del conte Van Der Reich, un amante delle feste, dell'alcol e delle donne. Amelie, invece, è una giovane ed insicura dama in cerca di marito, che ben pochi nobili hanno visto alle feste. I due nascondono segreti piuttosto importanti: il primo è un aurora, allontanato per la sua protezione, la seconda è una veggente marchiata, che controlla poco il suo potere. Si incontrano per caso alla particolare festa di lady Witherby e tra loro nasce intesa con una facilità impressionante. Per volere del destino, però, Amelie ha una visione proprio nel mezzo della festa e Friederik scopre il suo potere, rimanendone affascinato: la ragazza prevede un attacco terroristico da parte della Strelizia, che si verifica poco dopo alla festa e, nonostante l'avviso, i due finiscono al centro della carneficina. Riescono a salvarsi soltanto quando uno dei terroristi sente risuonare in Friederik, il quale usa l'inganno per avere una via di fuga sicura.
    Scossi dopo l'evento, ma salvi, i due fanno ritorno a cavallo verso Galet, la città al centro della contea de la Roche dove abita Amelie.


    CITAZIONE (» Fyan @ 31/7/2023, 18:45) 

    Amelie de la Roche

    Umana Aasimar | Oracolo Veggente | 6 | LB | Scheda | Dice Room
    Era rassicurante riuscire a guardare Friederik negli occhi e sapere che non le stava mentendo e che non l'avrebbe fatto. Il suo sguardo era profondo e solenne e lei ci credette, credette a tutte le sue parole, benché fosse stato lui stesso a suggerirle di non prendere qualsiasi cosa dicesse sul serio, e non poteva farci niente, perché la stima che aveva di lui era cresciuta in maniera esponenziale nel giro di pochissime ore. Friederik avrebbe potuto davvero convincerla di qualsiasi cosa a quel punto e mentirle spudoratamente: Amelie pendeva completamente dalle sue labbra.

    Per questa ragione, seppur intimidita dall'argomento in sé, perché le arti occulte le avevano sempre fatto paura, sentì empatia nella confessione del ragazzo, nel fatto che avesse infranto le regole per seguire qualcosa che gli piaceva nonostante le imposizioni familiari. Era un po' come lei, che però non aveva mai avuto il coraggio o la sicurezza di fare come lui e trovava impossibile smettere di compiacere i suoi genitori, forse come nella vaga e utopica speranza di farsi amare, fino alla fine.
    Lo ammirava, Friederik. Riusciva a fare tante cose, anche spaventose, e forse era un bene per lei che avesse avuto quell'interesse: non sarebbe rimasto, altrimenti. Non avrebbe reputato le sue visioni un dono, altrimenti. Se davvero conosceva quelle arti, poteva aiutare lei a gestirle? Poteva guidarla a controllare le visioni? Amelie non glielo avrebbe mai chiesto espressamente, ma le sembrava quasi che con i non detti si stessero promettendo anche quello. Avevano dei segreti entrambi e... la cosa ora non la spaventava più così tanto, piuttosto la emozionava.

    Strinse la mano che teneva la sua, raggiungendola anche con l'altra, e gli rivolse un sorriso convinto, annuendo.
    «Sarà il nostro segreto» gli promise.
    Per quanto malleabile, Amelie non era una che infrangeva le promesse.
    Soprattutto non quando rischiava di non frequentarlo mai più.

    Se ne rimase lì per un momento a riflettere, chiedendosi fino a che punto Friederik conoscesse le maledizioni e quei marchi oscuri, poi realizzò di riconoscere il sentiero che stavano solcando e tornò a voltarsi a guardare la strada. La foresta si era diradata pian piano e ora i campi della sua contea si estendevano fino alle mura avorio di Galet, non troppo lontana, e illuminata dalla luce brillante delle lune. Non c'era nessuno per strada e le porte della città erano sicuramente già state chiuse, ma Amelie sapeva che le guardie di suo padre le sorvegliavano ad ogni ora. Il suo castello era all'interno, nella parte più a nord, circondato da un parco molto ampio che quasi non lo faceva sembrare situato in città e dei cancelli altrettanto ampi, dove svettavano le bandiere della casata: tre torri di un castello su un campo blu scuro e argento.
    «Siamo arrivati» mormorò lei, ma per qualche ragione non sentì sollevata, anzi. Non riuscì a capirne il motivo, ma l'idea di tornare a casa, benché fosse sempre stata il suo personale nascondiglio, le metteva una strana ansia in petto. Forse realizzava che ne aveva fatto da sola la sua personale prigione?
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    Edited by » Fyan - 6/12/2023, 15:31
     
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    Friederik Van der Reich

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    Friederik lasciò le mani della ragazza nel momento stesso in cui entrarono entro i confini dei possedimenti di suo padre.
    Van der Reich non si era mai recato in visita al palazzo De la Roche: lo aveva visto durante qualche cavalcata sui clivi colmi di filari di viti dei Monrouge. Si ergeva a controllo della piana e dei suoi campi che si dipanavano oltre le cime degli alberi della foresta. Sembrava una grande costruzione, e si poteva intuire che pur trovandosi al centro della cittadina possedesse un immenso parco privato. La famiglia era certamente molto ricca.
    Non aveva mai avuto il piacere di ricevere un invito ad una festa in quel palazzo, ed aveva dedotto che non ne avessero mai organizzate lì da che lui ne aveva memoria. Non si era mai soffermato ad indagare molto sul loro conto, avendo conosciuto di sfuggita il capofamiglia. Ad una prima occhiata dava per scontato che il conte De la Roche dovesse essere un capofamiglia inflessibile ed orgoglioso, come richiedeva la società e come avrebbe desiderato essere il conte Van der Reich... Se solo vi fosse riuscito.
    Nella famiglia di Friederik, infatti, suo padre aveva il carattere più debole tra tutti. Nelle occasioni sociali mostrava un pugno di ferro ben più inflessibile di quello che manteneva nella quotidianità e Lady Margaret desiderava proprio questo: che suo marito fosse un capofamiglia benvisto e che il loro nome portasse con sé una buona fama. Era tutta una grande recita. La moglie sovrastava di molto il conte Ludwig in quanto a spigolosità del carattere, il figlio maggiore sembrava aver davvero ereditato tutta la fermezza che il padre avrebbe desiderato per sé, e Friederik era una fastidiosa mina vagante impossibile da controllare. Ciononostante, avevano un buon nome ed una buona fama.
    Le mura d'avorio di Galet erano maestose sotto la luce pallida delle lune.
    <<siamo arrivati>> mormorò la fanciulla.
    <<non sembrate entusiasta di essere a casa>> Commentò il moro. Era semplice dedurre il motivo dell'infelicità di Amelie. Era ovvio che non le piacesse stare a casa, ma che non avesse il coraggio per opporsi al meschino atteggiamento dei suoi parenti.
    Probabilmente ella sperava ancora di poter essere apprezzata. Non aveva ancora appreso che nessuno sarebbe mai stato soddisfatto di lei neanche se fosse stata impeccabile? Era già graziosa, ritrosa, perfetta da sposare. Una donna più silenziosa di molte altre e per questo meno fastidiosa da avere al proprio fianco per qualunque gentiluomo. Gli unici suoi "difetti" non erano sotto il suo controllo, quindi... come avrebbe mai potuto lei migliorare più di così?
    Friederik non comprendeva questa sua incapacità di ribellione. Aveva impiegato molti anni ad apprendere la pazienza, poiché per sua natura non ne aveva affatto, e non poteva immaginare di sopportare tanto dolore quanto ne sopportava la ragazza in quel continuo immolarsi in offerta ai propri parenti più vicini.
    <<fate ancora in tempo a chiedermi di portarvi via per una fuga d'amore>> Bisbigliò scherzosamente.
    Sarebbe stato uno scandalo per la famiglia di lei, un disonore come pochi altri. Ma sarebbe stato indubbiamente molto romantico, e lui si divertiva a tentarla un po'.
    In verità in quel momento non avrebbero potuto fuggire insieme neanche se l'avessero desiderato. Non avevano nulla con sé. Lei era in una condizione che non poteva neanche pensare di farsi vedere in giro. L'abito era troppo brillante per passare inosservato e troppo rovinato per essere ormai bello da vedere. Non aveva nulla con sé, e Friederik aveva lasciato le sue cose al palazzo di Richard, per cui sarebbe dovuto presto tornare lì: la fuga sarebbe stata la più breve della storia, durata massimo un paio d'ore prima che fossero stati immediatamente beccati.
    Friederik condusse il cavallo fino alle porte delle mura della città. Il conte De la Roche doveva essere passato di lì non più di mezz'ora prima, ammettendo che i cavalli alla guida della carrozza avessero cavalcato alla massima velocità fino a riportare a casa l'uomo.
    Riguardo a ciò che era successo a sua moglie, Friederik non aveva alcun indizio e non si azzardava a fare ipotesi. Sperava di rivederla a palazzo camminare sulle sue gambe e preoccuparsi per la figlia. Sarebbe stato terribile scoprire che una delle vittime dell'attacco Aurora di quella sera sarebbe stata proprio lei.

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    Amelie de la Roche

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    Anche Amelie, alla vista di Galet, lasciò ogni posizione compromettente ed ogni contatto che avrebbe potuto gettare fango sul suo onore, rimettendosi dritta con la schiena e lontana da Friederik - per quanto possibile a cavallo - cavalcando come si confaceva alla figlia non sposata di un conte. Da un lato era triste di doverlo fare, perché si sentiva più sicura col contatto del Van Der Reich, ma dall'altro apprezzò molto che anche lui si fosse tirato indietro: anche se era notte fonda, chiunque nella città avrebbe potuto vederli e cominciare ad immaginare. Potevano crearsi le più spiacevoli malelingue quando la fantasia viaggiava troppo velocemente e Amelie sapeva di essere perfettamente conosciuta dai sudditi di suo padre e che già parlavano di lei e mormoravano del fatto che non la si vedeva praticamente mai.

    «Fate ancora in tempo a chiedermi di portarvi via per una fuga d'amore»
    Amelie morse le labbra per non concedersi di sorridere, mentre le guance le si accendevano di nuovo, ma lui la sentì chiaramente trasalire. Si stupiva ora di quanto difficile fosse diventato nascondersi a Friederik, perché probabilmente quella sua sensazione non l'avrebbe mai comunicata così platealmente come aveva fatto, col commento di ritorno a casa. Le parole di lui, comunque, le facevano battere il cuore più velocemente del dovuto: aveva letto di tante fughe d'amore nei suoi libri e la cosa le era sempre sembrata terribilmente romantica ed emozionante, ma per quanto lo desiderasse, Amelie non era così ardita e non avrebbe mai fatto qualcosa del genere. Forse, però, sottovalutava la facilità con la quale un bel ragazzo gentile poteva convincerla a fare qualsiasi cosa e fu per questo che non rispose affatto alla provocazione, continuando a guardare davanti a sé.
    Non lo voleva. E contemporaneamente lo anelava.

    Come Friederik aveva immaginato, le porte di Galet erano aperte, sicuramente per via del passaggio della carrozza del conte di poco prima: non era una normale serata e Amelie lo notò dal fermento delle guardie, che si misero sull'attenti come se fossero di fronte ad un nemico, quando il cavallo le raggiunse.
    Amelie alzò una mano per farsi riconoscere e le guardie ci misero un momento di più a realizzare che la figlia del conte era lì a cavallo e non nella carrozza che era passata qualche minuto prima. Fu con uno sguardo stranito, infatti, che osservarono il giovane Van Der Reich a cavallo con lei, ma li lasciarono ugualmente passare senza fare domande, salutando i due nobili con uno schioccare di tacchi.

    Non troppo oltre diversi filari di case e botteghe, c'erano già i cancelli del castello, che Amelie e Friederik videro spalancati. La carrozza era ancora all'ingresso, davanti al portone, e il cavallo che l'aveva trainata sbuffava per la fatica, mentre un paggio cercava di calmarlo accarezzandogli il collo.
    Nemmeno all'ingresso, però, poco prima dei grossi portoni, il conte e la contessa de la Roche stavano animando la notte con le loro grida litigiose. Ranier era perfettamente illeso, ma sovrastava senza pietà la moglie, che invece si stava stringendo una ferita neanche troppo lieve ad un braccio e che forse sanguinava ancora. Nonostante questo, la donna rispondeva con altrettanto astio, come se gettasse veleno, ignorando la servitù che tentava di portarla dentro per delle cure.
    «Che tu sia maledetto, Ranier!»
    «Taci per una buona volta, donna! Farai come dico!»

    Amelie si irrigidì e Friederik la sentì trattenere il fiato.
    «Non dovevate vedere questo» bisbigliò imbarazzata.
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    Friederik Van der Reich

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    Friederik non si curò molto delle guardie che accolsero il loro arrivo poiché fu sufficiente che la ragazza si facesse riconoscere per garantire l'accesso alla città.
    Il cavallo aveva rallentato il proprio passo procedendo cautamente sulle vie lastricate della cittadina e Friederik colse l'occasione per osservare un po' gli edifici circostanti, con il genuino interesse di una persona a cui piaceva osservare tutto ciò che non aveva mai veduto prima, persino le cose più umili come le porte delle botteghe chiuse, i dettagli delle insegne e le fioriere.
    Ciò che stimolò più di ogni cosa la percezione del ragazzo fu tuttavia il gran vociare che proveniva dall'ingresso del palazzo verso il quale si stevano dirigendo i ragazzi.
    Amelie si irrigidì riconoscendo la situazione che, evidentemente, le era molto familiare.
    Friederik non era solito osservare quel genere di relazione tra nobili. I suoi genitori non discutevano in modo così acceso. Venivano sempre tenuti modi pacati e garbati, tra di loro, anche quando si trovavano in disaccordo. E neanche tra i vari parenti nessuno aveva mai parlato di situazioni simili. Era colpito dalla scena, certo, ma non scosso.
    <<va tutto bene.>> sussurrò Friederik, tranquillo. Avrebbe messo a tacere lui le discussioni. Non potevano continuare a gridare in sua presenza incuranti di qualsiasi decoro. Anzi, dovevano indignarsi di aver mostrato i loro affari privati a qualcuno di esterno alla famiglia.
    Saltò giù da cavallo ed allungò la mano al fine di aiutare amelie a scendere da cavallo. Questa volta, non poteva permettersi di accoglierla direttamente sul petto, come avevano fatto quando erano da soli. Si sarebbe limitato a comportarsi da cavaliere senza però sfociare nel volgare.
    Non perse tempo subito dopo per attirare l'attenzione. Mise una mano sul cuore come se la sola vista dei conti potesse sollevarlo da qualche preoccupazione e parlò con un tono alto a sufficienza così che fosse impossibile per i due non accorgersi della sua presenza e di quella della ragazza.
    <<e' una fortuna vedere che siete ancora entrambi vivi, miei signori! Ho temuto il peggio, ed anche vostra figlia era molto preoccupata per voi.>>

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    Amelie de la Roche

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    I conti de la Roche voltarono contemporaneamente le teste quando Friederik alzò la voce per parlare, troppo coinvolti con il loro litigio per aver udito gli zoccoli del cavallo superare i cancelli. Come il ragazzo si era figurato, cambiarono immediatamente atteggiamento e fu piuttosto palese che si stessero rimproverando di aver perso il controllo lì fuori, alle orecchie di chi non doveva sentirli e agli occhi di chi non doveva vederli. Ranier si rimise dritto con la schiena, passandosi una mano tra i capelli scompigliati per riportare ordine e assunse un'espressione di rispetto nel ritrovarsi davanti ad un Van Der Reich, Auguste invece posò lo sguardo direttamente su sua figlia e anche per una che molto poco mostrava le emozioni, fu evidente il sollievo che le distese le sue rughe di preoccupazione.

    «Amelie! Che gli dèi siano lodati!» esclamò, abbandonando il marito per raggiungere subito la figlia, che nel frattempo se ne era rimasta in disparte, composta affianco a Friederik. Nonostante la ferita al braccio, che la contessa continuava a stringere con una mano, fu lesta a raggiungere Amelie e tirare un sospiro di sollievo. Il conte, invece, non si mosse di un solo passo.
    Auguste si assicurò con una sola occhiata che Amelie fosse incolume, ma non la abbracciò, né le accarezzò la guancia come avrebbe fatto una madre apprensiva. Non si trattava solo di temere di perdere contegno davanti a Friederik, di mantenere il costume e la compostezza: Auguste era poco affettiva e lo era sempre stata.
    Si rivolse però immediatamente a lui, che si era annunciato.
    «Vi sono debitrice sir Van Der Reich: avete salvato mia figlia» disse solenne, dopo una riverenza di saluto, e fu chiaro che non stesse parlando anche per il marito «Vi porgo anche le mie più sentite scuse per ciò che avete udito: mi ritrovo terribilmente scossa da ciò che è accaduto e ho perduto il controllo.»
    Manteneva seriosità, mentre si dava tutte le colpe del litigio, ma Friederik già sapeva che Auguste sapeva mentire e che probabilmente serbava rancore per il marito, per qualsiasi cosa si fossero detti. Anche se non era difficile immaginarlo.

    Fu allora che anche Ranier intervenne.
    «Che non si dica in giro che la mia famiglia non ripaga i debiti» annunciò, avanzando verso Friederik per stringergli la mano. Alla figlia non lanciò nemmeno uno sguardo «Non vi permetteremo di riprendere il viaggio verso la vostra contea a questa tarda ora e dopo ciò che è accaduto.»
    Voltò la testa verso la servitù, tutta radunata al portone.
    «Preparate la camera degli ospiti» ordinò.
    E non fece alcun accenno alla magra figura che aveva fatto, anzi, sembrava quasi che fingesse che nulla fosse mai accaduto.
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    Friederik Van der Reich

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    Alla vista della figlia la donna accorse verso di lei. Così come si era preoccupata di inseguirla nel giardino poco prima, il suo primo pensiero era stata la figlia. Anche prima di andare a medicare le proprie stesse ferite. Friederik sorrise. Per quanto potesse essere pretenziosa ed anaffettiva, lady de la Roche teneva a sua figlia e lei doveva essere stato il suo primo pensiero. Il ragazzo azzardò a teorizzare che potesse essere stata anche la ragione del litigio con il marito pochi momenti prima. Poiché Friederik aveva visto distintamente il conte De la Roche fuggire ignorando tutto e tutti, mentre la madre della ragazza era stata sicuramente preoccupata per lei e, dunque, doveva rimproverare il marito di aver abbandonato la figlia in una condizione di morte quasi certa.
    << Contessa, lo comprendo... Siete ferita...>> Evidenziò con gentilezza il ragazzo osservando il braccio della donna. Fu lui stesso a giustificarla e ad accettare le scuse della donna.
    << E' innegabile che siate scossa, la situazione è stata tragica per tutti. Non potrei mai offendermi per aver assistito alla vostra preoccupazione. Dovreste, anzi, pensare a medicarvi le ferite al più presto. La vostra salute vale più di qualsiasi preoccupazione.>>
    Uno dei fini del suo sorriso benevolo, dell'espressione preoccupata e delle parole di miele era quello di sedurre anche la madre di Amelie? Chi poteva dirlo.
    << Non ho salvato vostra figlia perché voi foste in debito con me, mia signora. Non avrei mai potuto abbandonarla... Ogni uomo degno di questo nome sarebbe accorso a salvare una fanciulla in difficoltà. Ci siamo persi di vista, ma sono certo che anche un uomo stimabile come vostro marito avrebbe fatto lo stesso, fosse stato al mio posto.>>
    Eccola lì, la stoccata, pronunciata con un tono tanto benevolo e pieno di galanteria da essere decisamente credibile.
    Aveva visto chiaramente Ranier de la Roche fuggire in testa a tutti, e probabilmente lui non si era neppure voltato a guardare indietro una singola volta. I loro sguardi in quel momento di panico non si erano incontrati, quindi era perfettamente plausibile che Friederik non l'avesse visto. Solo non fosse che... L'aveva visto eccome. Ed aveva pronunciato quelle parole esattamente per sminuire la virilità del capofamiglia con brutale arroganza.
    << Vi ringrazio per la disponibilità, mio signore. Domattina ripartirò, non voglio darvi più disturbo del necessario.>>
    Continuò ad essere fintamente inconsapevole della realtà e a trattare con umiltà e rispetto il conte Ranier e strinse la sua mano saldamente.
    << Inoltre avrei una cortesia da chiedervi. Ho l'urgenza di spedire una lettera al marchese Monrouge, e non posso aspettare l'indomani. Potreste procurarmi il necessario, se non vi è di troppo disturbo?>>

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    (se necessario) Raggirare 33 (nat20)

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    Amelie de la Roche

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    Auguste sembrò compiaciuta dalla risposta di Friederik, anzi, quasi lusingata dalle premure che forse non aveva mai ricevuto, almeno da quando era diventata la contessa de la Roche. Era chiaro che la donna non fosse tanto ingenua come sua figlia e qualcosa di più del mondo e delle menzogne la conosceva, perciò non fu vittima delle sue dolci parole come invece avrebbe potuto Amelie, in silenzio ad ascoltare, ma fu ugualmente lieta di sentire che il loro ospite si preoccupava delle sue condizioni davanti alla sconsideratezza di suo marito, che aveva preferito urlarle in faccia prima di assicurarsi che la sua ferita non fosse troppo grave. Chissà come era riuscita a salvarsi, piuttosto, se suo marito l'aveva lasciata indietro da sola.

    Fu però soprattutto ciò che disse Friederik del conte che lasciò alla contessa la soddisfazione che cercava. Ci fu un solo brevissimo istante, dopo che lui aveva pronunciato con così tanta galanteria le virtù di un vero uomo come Ranier, nella quale scese uno strano silenzio pieno di non detti. Auguste nascose un lieve sorriso che mostrava amarezza e sarcasmo, Amelie invece alzò un sopracciglio, lanciando un'occhiata perplessa al ragazzo per ciò che aveva detto. Ranier, infine, fissò lo guardo in quello del Van Der Reich un momento più a lungo, glaciale, e serrò un po' troppo più forte la mano che stava stringendo a Friederik. L'istante dopo si era già dipinto un sorriso cordiale sul volto: forse dava per scontato che Friederik non avesse assistito al suo vile egoismo.
    «Non vi sbagliate, il coraggio è competenza degli uomini, d'altro canto. Avrei fatto la stessa cosa al vostro posto.»
    Poi gli lasciò la mano e si fece indietro. Vile come la sua fuga.

    «Vi ringrazio per la disponibilità, mio signore. Domattina ripartirò, non voglio darvi più disturbo del necessario»
    Fu Auguste a farsi avanti «No, mio signore, insisto nel farvi rimanere finché non lo gradite, è il minimo che possiamo fare. Consideratevi nostro ospite.»
    Lanciò un'occhiata a sua figlia, poi, un'occhiata piuttosto eloquente, che Amelie afferrò immediatamente, dimostrandolo con un ennesimo rossore del viso. Non disse nient'altro.
    «Troverete tutto nella vostra stanza» concesse poi il conte, accogliendo la richiesta del ragazzo «Un cameriere vi accompagnerà. Ora credo che dovremmo ritirarci tutti nelle nostre stanze: la serata è stata piuttosto turbolenta. Vi auguro una felice permanenza nel mio castello, Van Der Reich: potete fare richiesta di qualsiasi cosa desideriate alla servitù.»
    Ranier salutò con lieve cenno della testa, poi voltò le spalle al gruppo e così come aveva annunciato, si ritirò nelle sue stanze, lanciando un'ultima occhiata alla moglie, che lei non ricambiò.

    Auguste si fece finalmente scortare dalla servitù dentro, ma volle camminare al fianco di Friederik per accompagnarlo all'interno. Amelie li seguì subito dopo.
    «Vorrei parlavi domattina, Friederik» gli disse seria «Quando vi farà più comodo.»
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    Friederik Van der Reich

    Umano Aurora | Parapsichico | Livello 6 | Malvagio Legale | Scheda | DICEROOM
    Aver costretto il conte De la Roche a mentire così spudoratamente ed avergli pure fatto credere d'aver esposto quegli elogi in tutta franchezza dava un senso di grossa soddisfazione al Van der Reich. Il coraggio non era certo la virtù per cui il rampollo spiccava, ma ne aveva a sufficienza per far sentire in difetto l'uomo innanzi a sè, ed era certo che la moglie avrebbe apprezzato quell'aperta critica al marito. Amelie era forse un po' troppo dolce ed ingenua per comprendere le meccaniche di quella assurda discussione, ma Friederik non aveva fatto davvero nulla di male, prendendosì un po' gioco di un uomo vile come il padre di lei.
    <<no, mio signore, insisto nel farvi rimanere finché non lo gradite, è il minimo che possiamo fare. Consideratevi nostro ospite.>>
    Friederik sorrise con garbo alla donna, che già aveva lanciato un'occhiata alla figlia. Era chiaro che la sua cortesia avesse dei secondi fini ed i più semplici da leggere tra le righe riguardassero la possibilità di maritare la propria figlia a breve. Ogni madre lo desiderava.
    Ricordava ancora quanto aveva trovato fastidioso l'entusiasmo della duchessa Tulpen il giorno del matrimonio con suo fratello. Pareva che trovando marito alla sua unica figlia ella avesse raggiunto il proprio scopo nella vita e che dovesse inondare tutti i presenti con il suo entusiasmo. Cosa che il Friederik appena ventenne aveva mal sopportato per tutto il giorno ed invece, ironia della sorte, aveva dovuto sedere proprio accanto alla donna per una parte della serata.
    Con Amelie, Friederik avrebbe avuto la possibilità di convolare a nozze con una ragazza brillante e adorabile. Sua madre l'avrebbe voluto... Lei stessa l'avrebbe voluto. E forse anche lui l'avrebbe voluto, sotto sotto, se solo se lo fosse potuto permettere. Invece doveva resistere a quella farsa prendendo più tempo possibile, aspettando di trovare una soluzione al suo problema.
    Confidava che le arti occulte un giorno o l'altro l'avrebbero aiutato in questo. Così come aveva appreso come impiantare nelle menti della gente nuovi preconcetti, poteva scoprire anche un modo come rimuovere ricordi e idee. E in quel modo, sarebbe stato più semplice per lui potersi stabilire nelle sue terre, ricoprire il ruolo di prestigio che era nato per ricoprire ed accasarsi.
    <<se è così, sarò lieto di accettare il vostro invito fino a che altri affari non mi reclameranno.>>
    Non aveva ancora deciso che cosa fare di tutta quella situazione, in realtà. Non si era soffermato a ragionare su che cosa gli convenisse fare e che cosa no. Aveva preferito piantare i semi per ogni cosa e lasciarsi aperta ogni via per una decisione futura, poiché voleva godersi il tempo precedentemente trascorsi in solitudine con Amelie ed aveva molto a cui pensare. Cose importanti e cose meno importanti. Non sapeva se poteva o meno restare, quanto a lungo poteva restare... E non era neanche sicuro di che cosa scrivere a suo cugino, sapeva solo che doveva farlo e in fretta. Non poteva aspettare la mattina dopo.
    Procrastinare (una delle attività preferite di Friederik) non era concesso.
    Annuì a Ranier, concordando peraltro con lui che fosse il momento di separarsi e rispose con un saluto cortese al suo allontanamento.
    Fried si fece scortare dentro il palazzo dalle due dame e dalla servitù. Auguste prese il posto al suo fianco, relegando la figlia a camminare dietro di loro. Si fece seria, richiedendo l'attenzione del ragazzo il giorno seguente.
    Con ogni probabilità voleva parlargli di ciò che lui aveva scoperto su sua figlia. Anzi, forse il giovane poteva anche figurare un approccio più aggressivo alla questione. Ma quello non era affatto un problema per Friederik in quel momento. Ne aveva di ben più grossi.
    <<certamente, Madame. Potremo parlare domattina a colazione, oppure più in privato: prima o dopo. Sono a vostra più completa disposizione.>> Replicò disponibilissimo.
    <<buonanotte, lady De la Roche.>> Avrebbe salutato in seguito, con un inchino di commiato, quando le loro strade si fossero dovute dividere. E si sarebbe voltato verso la più giovane, facendo un breve inchino anche per congedarsi da lei. Sotto gli occhi della madre, non poteva permettersi di toccarla come aveva fatto per tutto il viaggio dalla magione Witherby al palazzo dei De la Roche, anche se avrebbe voluto per lo meno toccarle una mano. Si limitò ad uno sguardo profondo ed un sorriso.
    <<e buon riposo anche a voi, signorina. Ci rivedremo domani.>>

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    Amelie de la Roche

    Umana Aasimar | Oracolo Veggente | 6 | LB | Scheda | Dice Room
    Segretamente, Amelie apprezzò più del dovuto la permanenza di Friederik per più di una sola notte, come lui aveva accettato di fare dopo l'invito di sua madre. Lei non si sarebbe mai permessa di avanzare una richiesta simile, ma la contessa aveva capito cosa stava accadendo e se in qualcosa era eccellente, era nell'organizzare le vite degli altri: non era un segreto che intendesse trovare marito a sua figlia e Friederik era l'occasione giusta, vista la buona famiglia da cui proveniva. Sapeva poco di lui personalmente, in verità, qualche diceria non proprio gradevole in più, ma Auguste intendeva scoprire presto di che tipo di uomo si trattava, al contrario di Amelie, che si faceva sopraffare dall'ammirazione e considerava gli ultimi scambi di battute tra lui e sua madre una vera e propria dichiarazione di intenti. Per lei Friederik doveva davvero fare sul serio, era onesto nelle intenzioni. E lei non poteva fare a meno di sentirsi al tempo stesso profondamente grata e terribilmente emozionata.

    Quando arrivò il momento dei saluti, Amelie rimpianse la vicinanza che aveva avuto a cavallo con lui. Il suo cuore fin troppo vinto dalle ultime sensazioni le faceva sperare in un abbraccio che non si sarebbe mai potuto verificare, perciò con un sorriso tanto timido quanto sincero, si espresse in una riverenza per salutare il Van Der Reich, immaginandosi già le giornate che avrebbero passato insieme a seguire. Le ansava bene qualsiasi cosa, perché era certa che anche solo chiacchierare con lui sarebbe stato piacevole.
    «A domani, mio signore» lo salutò, preferendo lasciare quella piccola concessione dei nomi solo a momenti più privati. Lo guardò negli occhi un solo istante di più, poi combatté il desiderio di sfioragli la mano mentre gli passava accanto e lo lasciò alle premure della servitù, allontanandosi verso la sua stanza così come stava facendo sua madre.

    Quando arrivò in camera, Annie la aspettava già da un pezzo, con la vasca pronta per un bagno caldo. Amelie non era davvero al pieno delle forze e con i capelli che ormai avevano perso la bella acconciatura, qualche contusione, e gli abiti strappati, suscitò la prevedibile preoccupazione nella sua cameriera personale, che purtroppo ancora non aveva saputo nulla, se non voci confuse da parte della servitù. Si era aspettata certamente di aspettare fino a tardi la signorina, di ritorno dalla festa, ma non in quelle condizioni. La sua consapevolezza era che la peggiore notizia poteva essere stato un suo cedimento emotivo e una fuga, come faceva spesso, non un attentato.
    «Signorina Amelie, state bene!» esclamò raggiungendo subito la ragazza, e notanto che, nonostante il suo aspetto, l'espressione del suo viso non era poi così turbata come ci si poteva aspettare da chi era appena sopravvissuto ad una strage «Vi ho preparato il bagno caldo, ho sentito... è vero che la contessa è ferita e siete stati attaccati?»

    «Annie, che bello vederti» le sorrise lei, seppur stancamente, permettendole di aiutarla a svestirsi, ma calmò subito la sua preoccupazione mantenendosi tranquilla. Nonostante questo, le annuì seria.
    «Stiamo bene» rispose soltanto, ma si impedì di pensare a lady Witherby e a tutta la gente che aveva visto morire. Se si distraeva, le tornava l'angoscia nel cuore, il terrore della morte e il suo primo omicidio, il marchio che aveva lasciato su un altro uomo... no, non voleva pensarci, voleva fingere che non fosse mai successo e affondare nell'acqua calda.
    «Sir Friederik mi ha salvata» aggiunse però, con un filo di voce, mentre entrava nella vasca. Nonostante Annie avesse visto i suoi marchi da anni, continuava rispettosamente ad evitare di guardarli: li temeva e Amelie lo sapeva, motivo per cui anche a lei li nascondeva spesso. Affondò il braccio nell'acqua, sotto le bolle, perché non lo vedesse.
    «Sir Friederik?» domandò la cameriera, con un tono che era a metà tra il curioso e il perplesso, mentre nel frattempo aiutava Amelie a lavarsi, passandole la spugna sulla schiena.
    «Friederik Van Der Reich» annuì lei, stringendosi le braccia al petto e cominciando spontaneamente ad immaginare cosa stesse facendo nella sua stanza, non troppo lontana da lei «Sarà nostro ospite per i prossimi giorni... io... io credo di piacergli.»
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    Friederik Van der Reich

    Umano Aurora | Parapsichico | Livello 6 | Malvagio Legale | Scheda | DICEROOM
    Friederik fu scortato nella camera degli ospiti da un cameriere come il conte aveva ordinato.
    Aveva bisogno di stare un po' da solo e rilassarsi, per cui in un primo momento si congedò dalla servitù. Non aveva bisogno di loro per lavarsi. Era stanco, ed un po' di silenzio non petava fargli che bene.
    Prima che potesse riaffiorare l'indole scontrosa ed indifferente che aveva da ragazzino, si spogliò di ogni indumento e si infilò nella vasca calda trovando immediatamente sollievo per lo stress accumulato.
    La camera che gli era stata preparata era lussuosa e ben arredata, per cui Friederik fu decisamente soddisfatto della sistemazione. Dopo aver vagato in giro per il mondo da una locanda all'altra, era sempre un sollievo poter godere dei lussi dell'accoglienza degli altri nobili del Nentyr.
    Sospirò pesantemente, una volta solo, e si sbattè un palmo sul viso riflettendo meglio.
    Che diavolo stava facendo?
    Tutto ciò che stava avvenendo quella sera era privo di senso. Lui si stava comportando in maniera insensata. Aveva agito secondo una logica, certo, ma a mente fredda gli pareva che tutta quella situazione in cui si era andato a cacciare potesse portare solo guai e per qualche momento si soffermò proprio a pensare alle conseguenze delle sue scelte.
    <<fottuti Aurora...>>
    Borbottò gettando la testa all’indietro e fissando il soffitto.
    Se quei criminali non avessero rovinato la festa, lui non sarebbe finito ospite di una famiglia con fin troppi problemi intestini, la cui figura portante era un emerito imbecille ed un bastardo di prima categoria.
    Non avrebbe dovuto fingere di essere un eroe, quando lui non lo era assolutamente. Gli sarebbe bastato frequentare un po’ la ragazza e rimanere in buoni rapporti con lei a distanza, senza alcun bisogno di finire tanto vicini così a lungo. La ragazza si sarebbe illusa di un matrimonio, e lui non poteva fare a meno di illuderla.
    La vicinanza spaventava un po’ Friederik.
    Aveva troppi segreti di cui vergognarsi, troppi difetti da nascondere, troppi vizi di cui presto o tardi anche Amelie sarebbe venuta a conoscenza. E allora anche quella splendida creatura non l’avrebbe risparmiato di giudizi negativi.
    Se quei criminali non avessero attaccato, Friederik non avrebbe dovuto svelare loro la propria identità e rischiare che il suo segreto più intimo fosse svelato e la sua vita irrimediabilmente rovinata.

    Rimase a mollo per un po’, prendendosi tutto il tempo per riflettere su che cosa fosse bene fare da quel momento in poi con le carte che aveva in mano.
    Poteva condividere o meno la falsa informazione che aveva dato alla donna più brutta al mondo. Dicendolo alle persone giuste, avrebbe potuto scatenare una controffensiva all’attentato. Il generale Krasinier poteva essere l’uomo giusto a cui far trapelare l’informazione. Di certo avrebbe saputo come agire, inviando qualche assassino competente sul posto che Friederik supponeva egli controllasse assieme ad una fitta rete di spie: era uno dei pezzi grossi dell’esercito, era ovvio che ne possedesse! Portava avanti intere campagne militari per il loro sterminio. Con ogni probabilità si sarebbe mobilitato anche nelle terre non sue pur di cacciare gli schifosi Aurora senza pietà.

    Friederik conosceva la sua fama, così come la conosceva chiunque nel Nentyr.
    Il fatto che il giovane Van der Reich fosse stato benedetto dalla fonte della vita lo rendeva automaticamente suo nemico giurato, ma Friederik non lo vedeva così. Si era così convinto di appartenere al mondo degli Iboithi che anche la consapevolezza di essere Aurora passava in secondo piano rispetto ai propri interessi. Per sua fortuna i geni Van der Reich erano fin troppo dominanti e Fried non era nato con i capelli rossi: era difficile da scoprire, per chi non era un aurora. E lui ci teneva a muoversi nell'alta società senza il problema di essere troppo superiore a tutti gli altri, celando la propria natura.
    Condividere l'informazione gli avrebbe certamente concesso dei privilegi e degli encomi, qualora qualsiasi azione intrapresa in tal proposito fosse andata bene. Ma questo... Lo avrebbe messo sotto i riflettori più del dovuto.
    Voleva davvero finire a giocare un ruolo più attivo in quella guerra? Probabilmente no.
    Il marchese del feudo dove aveva indirizzato gli aurora per l’appuntamento, al contrario, era un uomo pacifico: anche se odiava gli aurora con tutto se stesso, non si impegnava in scontri e battaglie. Anche con l'informazione in mano, non sarebbe stato in grado di sfruttarla. Di solito se ne stava tranquillo nel suo feudo a seguire i pettegolezzi, a crescere i propri bambini e a produrre il vino più buono di tutto il Nentyr, ignorando il più possibile battaglie e scontri. Molti altri nobili lo ritenevano un poco di buono e guardavano a lui con disprezzo, additandolo come un signore indegno della propria fortuna, ma a Richard non importava molto. Era simpatico, carismatico, e piaceva molto più alle donne che agli uomini. Non si interessava di piacere a tutti, come finiva per fare il cugino, e non aveva ambizione di realizzare intricati piani per il futuro.
    Friederik avrebbe dovuto apprendere quel modo di fare da suo cugino e non sentirsi bussare alla porta i sensi di colpa qualora avesse scelto l'ignavia.
    Altri approcci alternativi potevano riguardare il presenziare effettivamente all'incontro con la strelizia. Tentare di sovvertire un intero ordine di criminali da solo era fuori discussione. Infiltrarsi tra di loro, poteva essere una delle alternative. Ma era davvero impegnativo, molto più che vendere le informazioni al Krasinier, e a cosa poteva portarlo? Con il tempo e la fatica avrebbe condotto in trappola quei creduloni? Ne valeva davvero la pena?
    Sbadigliò, stanco.
    Oramai l'acqua della vasca si stava freddando.
    Finì di lavarsi in fretta, come se sentisse un'urgenza che davvero non c'era.
    Si asciugò e si infilò la vestaglia per la notte. Aprì la finestra, godendo ancora un po' della brezza notturna. Recuperò dalla tasca della giacca la tabacchiera e si accese un sigaro per poi sedersi alla scrivania in procinto di scrivere la lettera che aveva richiesto fosse inviata con urgenza.
    Sigaro in una mano e carta davanti a sé, inzuppò il pennino nel calamaio una trentina di volte prima di cominciare effettivamente e distrattamente a scrivere.
    alla fine di quegli eterni momenti d'indecisione, prese a scrivere effettivamente una lettera a suo cugino in cui gli scriveva gli avvenimenti della serata e la sua attuale ubicazione, poiché non vedendolo tornare a carrozza si sarebbe certamente preoccupato. Evitò di parlargli dell'accordo con la donna aurora e lo rimproverò di non avergli mai fatto sapere quanto adorabile fosse la figlia del suo vicino di feudo, poiché certamente l'aveva vista anche solamente di sfuggita. Pretese con appellativi coloriti che il cocchiere della carrozza fosse sollevato dall'incarico e si raccomandò di non condividere con suo fratello la sua attuale ubicazione, qualora Dieter glielo avesse chiesto.
    Sarebbe passato a palazzo a recuperare i suoi effetti personali e a salutare i nipotini molto presto.
    Chiuse la lettera, spense il sigaro, consegnò la missiva al messaggero poiché si prodigasse a recapitarla in fretta e si distese a letto supino sopra le coperte.
    Ignavo.
    Ecco cos'era.
    Un fottuto ignavo che non voleva prendersi le sue responsabilità e non voleva sfruttare le occasioni che gli si paravano davanti.
    Sospirò di nuovo. I posteri avrebbero potuto definire quella la notte dei sospiri. Non riusciva a pensare ad altro in quel momento ed una sensazione di estrema pesantezza lo stava schiacciando. Si sentiva il peso di una montagna sullo stomaco e questo non era stato sufficiente a smuoverlo per darsi da fare. Con quella consapevolezza di una estrema pigrizia, si rese conto che la finestra era rimasta ancora aperta.
    <<oh... Fanculo.>> si lasciò sfuggire, mentre con la mano indicava l'infisso ed una forza telecinetica l'avrebbe chiuso (o per lo meno accostato). Era decisamente troppo stanco per alzarsi di lì.

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    Amelie de la Roche

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    Amelie quella notte soffrì di diversi incubi, come ci si poteva facilmente aspettare dopo un attentato. Succedeva sempre e talvolta la ragazza allungava i tempi di preparazione, dopo la cena, quasi per timore di chiudere gli occhi e dover assistere a tutto quello che già ad occhi aperti la sua maledizione le mostrava, Sognava spesso la morte, il dolore, le catastrofi: non era una novità. Al mattino si chiedeva se i suoi incubi fossero altri presagi o semplici rielaborazioni di ciò che aveva visto, ma non riusciva a darsi sempre delle risposte: quello che vedeva nelle sue visioni spesso era lontano e lei non sapeva nemmeno dove si verificava, ma ne partecipava ugualmente e non solo perché i suoi marchi premevano come attizzatoi sulla pelle.
    Quella notte sognò l'attentato in cui era stata, le gole tagliate, le grida di terrore. Era più vivido del solito, perché stavolta non lo aveva solo visto, ma ci era stata: era sicura, nella semi-coscienza, che molte grida fossero persino le sue e che l'angoscia che tornava ad attanagliarle lo stomaco fosse la stessa che aveva provato, quando aveva visto i coltelli dei terroristi, o quando l'aurora le aveva stretto il collo.
    Sognò anche Friederik, ma non come se lo era aspettato. Sognò il suo occhio dorato brillare maligno nell'oscurità, accanto ai terroristi, che uccideva gente senza avere il minimo scrupolo e si spaventò di lui. Sognò di scappare da lui, sognò la sua magia e sognò una maledizione, quella di cui lui stesso le aveva parlato, ma che scagliava lui stesso contro di lei, che voleva il suo dolore.

    Quando si svegliò, non era nemmeno sorto ancora il sole. Aveva le lenzuola sudate e il fiato grosso e, rilassando i muscoli, realizzò di averli tenuti contratti troppo a lungo, mentre stringeva le dita attorno alla stoffa della coperta.
    Si svegliava praticamente sempre prima che Annie venisse a chiamarla, ormai ci aveva fatto l'abitudine. Senza nemmeno dare un'occhiata fuori dalla finestra, si voltò sulla schiena e rimase qualche istante a fissare il baldacchino sopra la testa, tentando di regolarizzare il respiro, che a volte si faceva tanto rapido da soffocarla.
    Quando si svegliava non tutti gli incubi erano sempre così nitidi nella sua testa. Le rimanevano le sensazioni, più che le immagini, anche se qualcosa continuava a ricordarla durante la giornata. Ebbe l'impressione, infatti, di aver sognato Friederik, ma non ci associava sentimenti positivi come quelli che aveva vissuto al suo fianco.
    Si passò le mani sul viso, prendendo lunghi sospiri. Era chiaro che si sentisse così male: si sentiva sempre così male dopo aver ricevuto una visione e quella volta era finita anche nel bel mezzo del terrore. Se non ci fosse stato Friederik, probabilmente non sarebbe stata così poco ansiosa quel giorno. Anzi, non ci sarebbe stata affatto.

    «Signorina siete sveglia?»
    Era già passato così tanto? Amelie si voltò a guardare la finestra e notò che le prime luci del sole passavano al di sotto delle tende, come lampi di magia. Annie bussava sempre prima di entrare, anche se lei non le rispondeva. Qualche volta l'aveva anche svegliata di proposito, quando gli incubi erano troppo vividi e dolorosi.
    «Annie, buongiorno» le rispose, liberando il viso dalle mani e puntando lo sguardo sulla cameriera. Era stanca, ovviamente, ma non più del solito per fortuna.
    La cameriera le sorrise: aveva già i suoi vestiti pronti tra le braccia.
    «Preparatevi, oggi si fa colazione in giardino» le spiegò, mentre Amelie si alzava.
    «In giardino?» domandò lei perplessa «Non in camera, come sempre?»
    Annie scosse la testa «Non con il nostro ospite.»
    Amelie si morse le labbra.
    «Vostra madre la contessa l'ha richiesto. Il litigio di ieri sera è stato piuttosto spiacevole: non vorremo far credere a sir Friederik che la nostra casa sia poco accogliente e abbandoni i suoi ospiti ad un pasto in solitaria... così ha detto.»
    La ragazza sedette alla toeletta, mentre Annie le porgeva il catino per lavarsi.
    «Era ferita, però... e poi il conte...» protestò insicura. Non le piaceva che Friderik dovesse assistere alle miserevoli riunioni di famiglia dei de la Roche, perché accadevano piuttosto raramente anche all'interno dello stesso castello. Certo, se intendeva davvero corteggiarla e sposarla lo avrebbe scoperto prima o poi, ma non le faceva piacere gettarlo direttamente in quella falsità, specialmente dopo che aveva assistito con i suoi occhi al trattamento che i conti riservavano uno per l'altra.
    «Il conte si è convinto, per il bene del suo buon nome» cantilenò la cameriera, lanciando un'occhiata di complicità con la ragazza, la quale emise un sospiro.
    «Spero che passi in fretta» ammise poi, lasciandosi acconciare.

    Dall'altra parte del castello, un cameriere bussava alla porta della camera degli ospiti, per svegliare Friederik, con le stesse intenzioni della cameriera di Amelie.
    «Mio signore?» domandò, senza però osare entrare.
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    Puoi usare il cameriere come preferisci, lo lascio alla tua scrittura :3


    Edited by » Fyan - 4/8/2023, 22:08
     
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    La notte prima il ragazzo non si era prodigato a chiudere le tende, ma questo non gli impedì di dormire come un sasso anche quando i primi raggi solari raggiunsero il suo volto.
    Era davvero stanco e dormire gli consentiva un sollievo da tutte le preoccupazioni del giorno.
    Che fosse stato il letto ad essere troppo comodo o lui ad essere un inguaribile dormiglione, il risultato fu il medesimo: quando un cameriere bussò alla porta per svegliarlo furono necessari un paio di minuti prima che il ragazzo rispondesse mugolando qualcosa di incomprensibile.
    Viziato era e viziato rimaneva: svegliarsi in fretta non faceva parte della sua routine quotidiana.
    Il cameriere comunicò che la colazione quel giorno sarebbe stata in giardino e che il conte De la Roche gli aveva fatto preparare dei vestiti puliti, dato che lui non ne aveva con sé e la sua era una sistemazione improvvisa.
    In tutta risposta il moro si stropicciò gli occhi, ancora confuso.
    La sua mente si svegliò ben più in fretta del proprio corpo. Avrebbe volentieri poltrito ancora per qualche minuto, se avesse potuto, ma gli impegni lo costringevano ad alzarsi e presenziare a colazione con i suoi ospiti e così fu costretto ad issarsi, scivolare fuori dalle coperte e sistemarsi.

    L’outfit che il conte aveva scelto di offrirgli era sobrio con una camicia bianca, giacca e calzoni color nocciola, molto più comodo del genere di indumenti che di solito vestiva il ragazzo.
    Friederik tendeva ad indossare abiti abbastanza aderenti così da mettere in evidenza le forme di un corpo non eccessivamente muscoloso ma ugualmente desiderabile. Ma proprio in virtù di quello, qualsiasi cosa avrebbe indossato gli stava bene.
    L’unica cosa che avrebbe mantenuto erano gli accessori. Il resto degli abiti che aveva la sera precedente, inadatti per essere adoperati il giorno, sarebbe stato lavato e sistemato.

    In qualche minuto fu pronto ed impeccabile come sempre: avrebbe indossato il suo solito sorriso e si sarebbe apprestato a seguire il cameriere che lo avrebbe accompagnato in giardino. Non sarebbe arrivato in anticipo, ma neanche con secoli di ritardo: ci teneva a fare una buona figura e, giacché il tempo perso in precedenza non poteva essere riavvolto, si sarebbe quantomeno sbrigato per arrivare puntuale a colazione.
    Aveva una bella donna da compiacere.
    E anche la sua splendida figlia, da compiacere.

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    Amelie de la Roche

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    Quando Friederik arrivò in giardino, trovò già tutta la famiglia de la Roche seduta attorno al tavolo preparato e pieno di portate, degne del buon nome dei conti. Il giardino era molto ben curato, probabilmente uno dei luoghi più graziosi del castello, con le sue siepi piene di fiori, tagliate ordinate, e i roseti con i rampicanti.

    Il tavolo era piuttosto lungo. Ad un capo sedeva il conte, impegnato a leggere alcune missive mentre sorseggiava il suo tè, mentre all'altro le due signore di casa, che mormoravano qualcosa in una conversazione sommessa. C'erano diverse sedie dove Friederik poteva accomodarsi, in modo che scegliesse da solo. I camerieri gli avrebbero subito riempito la tazza col tè, una volta seduto.
    Amelie, nonostante il disagio di integrare Friederik in quella silenziosa riunione familiare, non aveva fatto altro che attenderlo, continuando ad alzare lo sguardo alla porta d'ingresso per scorgerlo arrivare. Era vestita in maniera molto meno appariscente del giorno prima, con un abito leggero, pastello, e gli immancabili guanti lunghi a coprirle le braccia. I capelli erano ripresi dietro la nuca da un fermaglio, lasciando le onde castane a scendere sulle spalle e dietro la schiena.
    Il suo viso si illuminò piuttosto visibilmente quando il Van Der Reich fece il suo ingresso: gli sorrise immediatamente, di nuovo con gli occhi, dimostrando quanto fosse felice di averlo intorno. Il suo entusiasmo fu richiamo anche per la contessa, che sedeva al suo fianco, la quale alzò lo sguardo dalla sua colazione.

    «Oh, buongiorno» fu la prima a salutare, cordiale come solo lei sapeva essere. Auguste vestiva i colori della casata, blu scuro, anche lei più sobria del giorno prima e con le maniche dell'abito a coprire la fasciatura che doveva avere al braccio, dove era stata ferita. Rimaneva una bella donna anche con l'espressione piatta che indossava sempre «Spero che abbiate dormito bene: sedete pure.»
    Anche il conte alzò lo sguardo dalle sue carte e, per rispettare il suo ospite, si alzò in piedi per sedere dopo di lui. Era un emerito imbecille, probabilmente più codardo di quello che dava a dimostrare, ma almeno sapeva cosa doveva fare per essere un buon padrone di casa e non offendere i suoi ospiti.
    «Buongiorno, Friederik» lo saluto lui «Leggevo proprio ora di ieri, mi scrivono da Hejan per avere notizie. Questi aurora cominciano ad essere insistenti.»

    Amelie non salutò il ragazzo con le parole, ma non smise di sorridergli ogni volta che per caso incrociavano lo sguardo. Certo, aveva ancora delle strane sensazioni addosso, un po' per via del suo incubo e un po' perché ancora si imbarazzava di ciò che era successo a cavallo il giorno prima, ma in tutta onestà Friederik le piaceva e anche tanto. Non riusciva davvero a nasconderlo.
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    Friederik Van der Reich

    Umano Aurora | Parapsichico | Livello 6 | Malvagio Legale | Scheda | DICEROOM

    Van der Reich fu accolto in giardino non solo da un ambiente meravigliosamente curato fin nei minimi dettagli, ma anche da un sorriso estremamente entusiasta da parte di Amelie.
    In maniera più composta, il ragazzo le sorrise di rimando dedicando a lei le prime attenzioni sia con lo sguardo che con il sorriso, ma non con la voce: un attimo dopo, infatti, si prodigò anche a salutare i padroni di casa. Anzi, le prime parole le rivolse proprio ad Auguste, che era stata la più intraprendente a dargli il benvenuto a quella piccola riunione di famiglia.
    <<buongiorno, contessa. Vi ringrazio per l'accoglienza magnifica. Non avrei potuto desiderare di meglio. E buongiorno anche a voi, signorina.>>
    Le sorrise affabile e distinto al contempo e si sedette a tavola più o meno in mezzo tra lei ed il marito. Sarebbe stato più comodo poter incrociare lo sguardo con Amelie, dato che si trovava dall'altro capo del tavolo in diagonale.
    Fin da subito, tuttavia, si mostrò interessato a discorrere con il conte.
    Effettivamente voleva sapere di quali affari si stava occupando. Ed in ogni caso non voleva ignorare una discussione tra nobiluomini.
    <<buongiorno, Lord De la Roche. Che cosa si dice a corte quest'oggi?>>
    Friederik non poteva parlare con Amelie, non in quel momento, e non per suo disinteresse ma piuttosto per educazione e rispetto (solo apparente) di suo padre, al quale non poteva fare uno sgarbo... Ed Amelie sapeva anche questo. Si sarebbe dovuta accontentare di qualche sguardo sporadico.
    Friederik avrebbe apprezzato la colazione mentre si informava proprio da Ranier delle ultime nuove. Avrebbe fatto finta che il dialogo avuto con la donna aurora il giorno prima non fosse mai esistito, poiché aveva scelto la via dell'ignavia ed avrebbe preferito poterla perseguire in santa pace.
    <<l'attacco di ieri sera è stato tremendo. Si ha un resoconto delle vittime? Qualcuno ha idea di come si vogliano muovere gli Aurora d'ora in poi?>> Domandò incuriosito poco prima di portare alla bocca un assaggio delle pietanze gentilmente offerte.

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    Amelie de la Roche

    Umana Aasimar | Oracolo Veggente | 6 | LB | Scheda | Dice Room
    Il fatto che Amelie si fosse palesemente illuminata alla presenza di Friederik a tavola fu chiaro persino a suo padre, che era così immerso nelle sue lettere. Alzò solo discretamente un sopracciglio, ma non le badò più di tanto, come aveva sempre fatto nella sua vita, fingendola una specie di soprammobile del suo castello. Auguste invece, non mostrò nulla di ciò che stava provando, limitandosi a sorridere cordiale al loro ospite e a dedicarsi alla colazione, mentre gli uomini discutevano.
    A Ranier non piaceva che le donne si immischiassero con le conversazioni maschili.

    «Parecchie» rispose il conte «Di vittime, intendo. Pochi sono riusciti a salvarsi, ho numerose lettere da inviare per esprimere il mio cordoglio.»
    Nonostante le parole, non sembrava così davvero dispiaciuto o toccato. Enumerò anche una serie di nomi presenti alla festa e che avevano perso la vita: Friederik ne aveva incontrato qualcuno alle feste, ma in effetti era gente non davvero di spicco e per lo più nobili minori o cavalieri. L'alta società frequentava feste più prestigiose.
    «Come prevederli, comunque? Nessuno può prevedere quale sarà la loro prossima mossa» Amelie abbassò la testa «Quei mostri sembrano gradire particolarmente le nostre feste e distruggerle: attaccano sempre quando siamo riuniti da qualche parte. Vi dico una cosa, però, Van Der Reich: assaggeranno presto il prezzo delle loro azioni.»
    La minaccia non era nemmeno tanto velata. Il conte tirò fuori dal taschino della giacca una piccolissima chiave di legno con intarsi che sembravano simili a quelli di una rosa e cominciò a giocherellarci. Friederik non ne aveva mai vista una simile.
    Ranier però non si dilungò in spiegazioni riguardo ciò che aveva detto e tornò assorto a leggere le sue pergamene.
    «Ah, mi sono permesso di inviare un paggio al castello di vostro cugino per prendere i vostri effetti» aggiunse «Alloggiavate da lui nell'ultimo periodo, giusto? Finché sarete da me, non vi farò mancare nulla.»

    La colazione continuò, mentre il conte commentava sulle ultime notizie della corte, il timore di festeggiare e la rabbia della regina col suo consorte che, avendo da poco avuto il loro primo erede, manifestavano ancora di più il loro interesse nel mettere a tacere la Strelizia, promettendo a chiunque avesse avuto informazioni sulla loro posizione premi ed elogi. Dopo un po' il conte alzò la testa e si schiarì la voce.
    «Ah, Auguste» richiamò l'attenzione della moglie con un gesto della mano.
    La donna posò la tazza da cui stava bevendo e Amelie aggrottò le sopracciglia. Sua madre era brava a nascondersi e lo fece anche in quel momento, quando probabilmente c'era qualcosa che non le andava giù.
    «Sì, mio signore, la prossima settimana terremo qui una festa: ovviamente saremmo molto felici se voleste rimanere fino ad allora. Inviteremmo anche il vostro nobile cugino e la vostra famiglia, senza dubbio.»

    Amelie lasciò a mezz'aria la sua tazza e si rivolse a sua madre con un'espressione di pura sorpresa, anzi, quasi spaventata.
    «Una festa, qui?» le sfuggì fin troppa incredulità.
    Dopotutto non era un segreto: i conti de la Roche non avevano mai tenuto delle feste nel loro castello, se non molto private e per la sola famiglia, e tutto ad un tratto ci tenevano ad organizzarne una? Soprattutto con gli aurora che minacciavano ogni tipo di divertimento del Nentyr e così vicini alla strage che avevano appena vissuto?
    Auguste si limitò ad annuire in conferma «Tuo padre ci tiene molto.»
    Amelie voltò la testa al conte, che se ne stava lì a giocherellare con la chiave. Non gli era mai importato delle feste, né delle frivolezze femminili e tutto ad un tratto decideva che dovevano frequentare quella di lady Witherby e poi tenerne una?
    «Madre...» tentò di bisbigliare. C'erano un'infinità di motivi per cui Amelie era pietrificata dall'idea di una festa in casa e una di esse era nascosta sotto il guanto del suo braccio sinistro. Oltretutto, Amelie era ancora profondamente scossa dall'attacco della sera prima e non c'era davvero tempo per pensare a divertirsi.
    A causa del suo marchio, inoltre, Amelie aveva un leggero problema con le folle e non poteva di certo permettersi di scappare via e nascondersi in stanza, quando la festa la si teneva nel suo castello e lei era parte di chi lo ospitava.
    Era orribile: sarebbe stata sotto gli occhi di tutti.

    «Sarà una festa sobria ed elegante» aggiunse Auguste, nascondendo il suo evidente disappunto. Nemmeno a lei l'idea andava davvero giù, ma continuò a mostrarsi lieta nel parlare a Friederik.
    «Beh, i miei affari mi chiamano» intervenne il conte ad interrompere la conversazione, alzandosi dalla sedia. Lasciò una pacca amichevole sulla spalla del loro ospite «Vi auguro una buona giornata Van Der Reich.»
    Dopodiché si allontanò per tornare alle sue stanze, la chiave ancora in pugno.
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