Divorare per sopravvivere

Umana Iboithi | Cacciatrice | 9° | Neutrale Malvagia | Scheda | DICEROOM

Quell'ultimo passo era ostico da fare, ma consapevole che oramai la sua vita aveva preso una direzione diversa - e forse anche meno drammatica di come se l'era immaginata - non aveva più senso indulgere e attendere. Jeanine per cinque lunghissimi anni si era beata dell'idea di vendicarsi della sua famiglia e riportare alla regina il capo mozzo di suo padre come prova di fedeltà, riottenere il proprio nome, il proprio titolo e la propria dignità. Ma alla fine il fato le aveva riservato qualcosa di diverso, una via alternativa che non le avrebbe permesso di adempiere ai suoi desideri in tempi ragionevoli. Ora era una fedele suddita di Florian Buchard e qualsiasi altro impedimento alla sua nuovissima e sfavillante carriera come cavaliere era da ignorare. Anzi, distruggere. Ed era proprio a Hejan che l'aspettava l'ultimo pezzo della sua vecchia vita, l'ultimo stramaledetto tassello da annientare prima di poter rinascere a nuova vita. Sì, perché sebbene avesse denunciato lei la sorella ed i genitori, sebbene avesse sacrificato il suo futuro sull'altare della patria, non si era mai emancipata dal suo lignaggio. Per quello era risalita fino ad Hejan, desiderosa di mettere infine per iscritto di come lei avrebbe rinunciato a tutto il suo passato, al nome, alle rivendicazioni, a tutto. Il sorgere del sole, l'indomani, l'avrebbe vista battezzata come Jeanine di Aime, non più col nome di sporchi traditori rifuggiti come cani dietro le mura di Issrotha.

Già solo vedere la capitale per lei era qualcosa d'impensabile fino a pochi giorni prima, e dopo un lustro le sembrava esattamente come l'aveva lasciata. Bella, ricca, vitale. Forse fin troppo per la sua naturale ritrosia ad aver a che fare con la gente, tanto che anziché usare gli ingressi principali, quelli più sfarzosi e che aggettavano nei grandi viali ricchi di botteghe, ne scelse uno secondario, di quelli atti al trasporto dei beni. E proprio qui, mentre scendeva da Bastardo consapevole che una simile bestia avrebbe spaventato chiunque, lo vide: era un ragazzo di bell'aspetto, seppur segnato da un profondo sfregio sul volto, accompagnato da due gendarmi. I capelli rossi, simbolo sempiterno di sciagura in quel della Valle, attirarono però l'attenzione della cacciatrice più di ogni altra cosa... e per un motivo quantomeno ovvio. Bastardo puntò Julian ma com'era suo solito non si mosse, rimanendo fermo immobile, mentre Jeanine non fece nulla per dissimulare l'occhiata critica nei riguardi dell'iracondo. Sulle prime non disse nulla, ma lasciato il grosso lupo fece qualche passo verso i soldati di scorta al fulvo. Lei era vestita con la sua corazza da fanteria vecchio stile, gialla e blu, piena di piccoli fregi a forma di rondine; oramai fogge di quel tipo non si vedevano da oltre un secolo, ma nel muoversi pareva portarla con orgoglio. Era il solo legame che avrebbe mantenuto con la sua figlia, l'unico che per lei contava qualcosa.

«Sareste così gentili da rispondere a una domanda ovvia, miei signori?» chiese a uno dei soldati. «State per caso portando a spasso un Aurora o lui ha avuto la sfortuna di nascere rosso?»
Sì, nonostante l'evidente disprezzo di arrivare a non rivolgere la parola a Julian, perché fidarsi era bene e non fidarsi meglio, non voleva ancora credere al fatto che Hejan fosse diventata così permissiva da portare a pascolare gli Aurora. Era più probabile, a sua detta, che fosse un qualche disgraziato la cui sorte aveva maledetto donandogli il pel di carota anziché un colore di capelli normale.
«Senza offesa, nel caso. Non torno in città da un lustro buono.» avvertì, a scanso di far figuracce. Aveva un accento nentyriano molto marcato nel comune, evidente segno di quanto avesse vissuto a contatto con la marmaglia sino a quel momento, ma nel complesso s'era comportata in maniera quasi accettabile considerata la sua natura meschina e segregazionista.

HP 84/84
CA 21
TpC - (danni -)

Bastardo
HP 100/100
CA 26
TpC - (danni -)

Equipaggiamento
0 MP | 2.673 MO | 0 MA | 0 MR

Talenti di Squadra

Capacità

Incantesimi
∞ Lv 0| 6/6 Lv 1| 5/5 Lv 2 | 4/4 Lv 3
Incantesimi Pronti

Orazioni: Individuazione del Magico; Individuazione del Veleno; Luce; Stabilizzare; Lettura del Magico; Scintilla.

Livello I: Lame di Piombo; Passo Veloce; Luminescenza; Resistere all'Energia; Ululato del Cacciatore; Evoca Alleato Naturale I.

Livello 2: Pelle Coriacea; Compagno Portatile; Movimenti del Ragno; Occhio del Cacciatore; Evoca Alleato Naturale II.

Livello 3: Zanna Magica Superiore; Fauci Robuste; Evoca Alleato Naturale III; Animale Antropomorfico; Invocare il Fulmine.

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Tutto Jeanine si sarebbe aspettata fuorché un Aurora usato come animale domestico da parte della Regina. Non che lei fosse qualcuno per dubitare della saggezza infinita di Vivienne e dei suoi consiglieri, ma non riuscì a celare la sorpresa a quella rivelazione. Alzò le sopracciglia e si grattò la testa un poco interdetta, guardando prima le guardie e poi Julian, quasi stesse cercando il modo più logico per continuare quella conversazione senza sembrare invadente. Ovviamente scelse il modo meno elegante possibile, infischiandosene del fastidio che la cosa avrebbe potuto dare.

«Grazie.» rispose al gendarme, per poi rivolgersi direttamente al fulvo. «E non stento a crederlo. Non che la tua schiatta non si meriti le sciagure, visto e considerato tutto, sarebbe solo che sgradevole se una persona per bene subisse il destino che dovrebbe toccarvi.» aveva il tatto di un pachiderma dentro una cristalleria keynesiana. «Ma ho la mia collezione di cicatrici anche io.» si indicò il viso, nel punto in cui Julian aveva lo sfregio, come ad evidenziare che pure lei portava i segnacci di una vita non proprio idilliaca. Certo non poteva paragonarsi alla vita grama di un fulvo, ma dopotutto lei era una persona, non una bestia.
«Adesso però perdonami, la curiosità prevale sul buonsenso, e anche se dovrei farmi i...» guardò i soldati, cercando di moderarsi nella volgarità del linguaggio. «... fatti miei, hai un nome con cui ti posso chiamare?»
Dopotutto anche i cani e i porci avevano un nome.
«Io sono Jeanine di Aime, aspirante cavaliere di Sua Grazia Florian Buchard, cugino della Rondine di Hejan.» fece un lievissimo cenno col capo. Un inchino mancato.

«Non posso fare a meno di chiedermi cosa abbia spinto la regina a concedere un simile permesso ad uno come te.» incrociò le braccia, guardandolo quasi divertita. Nella sua ignoranza s'immaginava che Vivienne lo avesse tenuto come un giocattolino, una specie di spauracchio per mostrare a tutti come la vita di un Aurora potesse essere miserabile anche tra le mura di un suntuoso palazzo. Eppure Julian sembrava troppo... "diverso" dagli altri aurora che aveva incontrato. Non c'era paura nei suoi occhi, né rassegnazione. Invero era sicuro di sé e sembrava che nulla potesse smuoverlo né turbarlo, visto e considerato che d'ingiurie dovevano avergliene tirate così tante da ridurgli oramai l'orgoglio in pezzi. Eppure era lì.
«Devi essere speciale per non startene da qualche parte a pendere per il collo, dopotutto.»
A dispetto della violenza della frase in sé, Jeanine sembrava intenderlo quasi come un complimento. Nemmeno il sol fatto d'essere ancora vivo avesse un valore intrinseco a quelle latitudini, per uno come Julian. E probabilmente era proprio così.

Tra le altre cose si rivolgeva a lui in modo informale, con la stessa schiettezza con cui si sarebbe rivolta al più umile dei servi, ma quello era dovuto ad una commistione di razzismo, ignoranza e bucolica rozzezza. Bastardo, rimasto indietro, si accucciò a terra, tenendo però le orecchie dritte e gli occhi puntati su Julian.

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Livello 2: Pelle Coriacea; Compagno Portatile; Movimenti del Ragno; Occhio del Cacciatore; Evoca Alleato Naturale II.

Livello 3: Zanna Magica Superiore; Fauci Robuste; Evoca Alleato Naturale III; Animale Antropomorfico; Invocare il Fulmine.

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«Quello? È Dardo, il mio compagno di caccia.» si girò a guardare Bastardo, rimasto tutto il tempo fermo. «Ti dirò, il mio signore ha un grifone, la mia superiore e capitano delle guardie una specie di gatto gigante, un leone, qualcosa sul genere. Ora che mi ci fai pensare sì, a Vasta Aria probabilmente i cavalli sono meno comuni di quanto si possa pensare.» rise a quel pensiero. Almeno potevano spiccare dalla massa, essere qualcosa di più di mera marmaglia asserragliata a raccogliere le briciole lasciate da quelli che stavano di sopra. «Aspetta però... tu stani la tua gente per mandarla ai ceppi? Direi che puoi considerami colpita dalla cosa.»
E non c'era minimamente segno di burla in quelle parole, né di scherno. Jeanine tutto poteva aspettarsi meno che vedere un mastino fulvo sbranare piccole volpi sparse per tutta la valle.

«Ora ho capito perché la Regina ti permette di andare in giro così... sei un petit rat.» ridacchiò. «C'è una storiella buffa su questa roba dei ratti. Un fattore ha il granaio infestato dai topi, sai a volte capitano queste cose, e invece di prendere dei gatti o dei cani per occuparsene, o di pagare un falconiere, raccoglie una decina di topi.» era tutta presa da quella storiella, raccontandola con un fervore che non sembrava nemmeno logico avere data la drammaticità della posta in gioco. Ma d'altronde aveva già messo bene in chiaro cosa valesse la vita di un aurora per lei. «Li mette dentro una gabbia senza cibo né acqua e li lascia lì dentro ammassati per giorni, poi alla fine va a controllare e trova solo due ratti ancora vivi, un maschio e una femmina. Quei due si sono mangiati gli altri otto, li hanno sbranati. E invece di ammazzare anche quei due il contadino prende e li libera nel granaio.» guardò per un istante le guardie, poi torno sorridente su Julien. «Perché ora quei due topi non mangeranno più il suo grano, ma altri topi. E faranno figli che mangeranno altri topi, fin quando non inizieranno a mangiarsi a vicenda.» annuì un paio di volte, come se quell'idea calzasse alla perfezione con la situazione degli aurora, in un parallelismo scabroso e immeritato per una stirpe che nulla aveva fatto se non venire al mondo.

«Julien, sei una benedizione per la Valle.» disse, sempre sorridendo, tutta contenta di aver trovato un aurora che facesse qualcosa di diverso dal complottare contro il regno. «Ma devo dire che "Mastino" o segugio suonano più eleganti di "ratto". Ho imparato a mie spese che l'apparenza è importante.» si voltò un secondo a guarda il suo Bastardo. C'era un motivo se lo presentava come "Dardo" nella stragrande maggioranza dei casi. «Ne approfitto per dirti che se mai dovesse servirti una mano per cacciare qualche bastardo dentro i campi mi offro volontaria per partecipare. Fare un favore alla corona e mettere sotto la cinta esperienza sul campo non potrà che farmi bene.»
Ecco, pur disprezzando gli aurora l'idea di lavorare assieme ad uno di loro per ridurre in catene gli altri le andava benissimo. Anzi, ne era genuinamente entusiasta e non vedeva l'ora di tornare a Vasta Aria per spiegare a Florian quello che aveva sentito da Julien, di come Vivienne avesse avuto un'idea a dir poco lungimirante per essere così giovane.

«Ma è vero quello che si dice su di voi? Che potete parlare col pensiero?» domandò, curiosa come una bambina dinnanzi ad un nuovo giocattolo. «So che alcuni, fortunati loro, non nascono coi capelli rossi, la gente dice che possano parlare senza usare le parole... è una stupidaggine?» Lucine, sua sorella, non aveva ancora sviluppato quella capacità quando l'aveva vista l'ultima volta, un lustro prima, ma le dicerie di paese l'avevano convinta che ci fosse del vero in quell'idiozia. Eppure la cacciatrice era una popolana a cui era stato concesso un diritto in più, tutta quella sequela di modi di fare ciarlieri, quel parlare così spensierato di cose che avrebbero dovuto farla riflettere, dicevano molto sulla pochezza d'istruzione morale che aveva ricevuto. Non era strano quindi che si fosse lasciata persuadere d'una simile propaganda razzista, arrivando a immaginare chissà quali complotti silenziosi tra gli sfortunati figli della Fonte.

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«Forse potrei chiederlo... se il Duca Buchard mi permette di allontanarmi per più tempo, ma non vedo perché negarmi un servizio alla Regina!»
Aveva preso bellamente in parola quell'offerta, senza rendersi conto ch'era più che altro cortesia da parte di Julian averle risposto in quel modo e non un reale invito a perseverare nella sua fastidiosa presenza. Nemmeno gli sguardi dubbiosi e a tratti divertiti dei gendarmi parvero scalfire l'integrità della bionda che, anzi, inclinò la testa in un meditabondo silenzio al quesito del mastino. In tutta sincerità nn si era mai posta il dilemma su quale potere maligno potesse aver ereditato Lucine, o se l'avesse già manifestato essendo ancora molto piccola, ma la sola idea l'atterriva. Un potere grezzo, sconosciuto, nelle mani di una razza meschina pronta a qualsiasi cosa pur di sovvertire l'ordine naturale delle cose. Poco al mondo poteva farla sentire più a disagio e anche se di norma non l'avrebbe fatto, per sfrontatezza o coraggio, in quel caso specifico decise di ammettere la verità.

«E chi non ne avrebbe paura?» annuì. «Già dobbiamo guardarci le spalle da maghi e ibridi dal sangue misto che portano stranezze nella nostra valle... ma se quelli possiamo anche tollerarli, perché li conosciamo, gli aurora sono imprevedibili e crudeli. Magari non tu nello specifico, se avessi fatto qualcosa di indecente la Regina non ti avrebbe messo dove sei, ma puoi dire lo stesso degli altri? a Concordia il trono è appestato da gente col tuo sangue e per noi non è mai andata bene. La Piaga è stata una benedizione in tal senso, sono certa che sia parzialmente colpa loro per quello ch'è successo... E la Valle? Qui si vive ancora bene, guarda il caso è ancora il solo posto dove gli aurora sono attivamente contenuti nelle loro follie.»
La correlazione, di fatto sbagliata, aveva tuttavia un fondamento di verità, considerato quel ch'era successo agli imperi a causa della Catastrofe. Sembrava quasi che il destino avesse riservato al Nentyr un posto di primo piano nel mondo tra acque pulite e terreni fertili; una come Jeanine ci aveva messo un attimo a interpretarlo come un segno divino sul fatto che perseguitare gli aurora fosse stata la scelta giusta. Un assunto sbagliato per una radicalizzazione perfetta.

«Sai ho una sorella che è nata come voi. Da due umani veri.» continuò. «Sono scappati a Issortha dopo che li ho denunciati, se mai ti capitasse di passare da quelle parti per le tue "cacce" ricordatevi di "Lucine". Dovrebbe avere sei o sette anni oramai, immagino mi somigli, escludendo il colore dei capelli.» si strinse nelle spalle. «Se ti capita mandami una lettera a Vasta Aria. Te ne sarei riconoscente.» era una richiesta bizzarra ma alla fine non le costava niente chiederlo. Un foglio di carta e due righe d'inchiostro non avrebbero dovuto essere la fine del mondo. «Questo a parte... quale sarebbe il tuo potere? Questa cosa ha attirato la mia curiosità.»

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«Sta bene.» rispose a Julian. «Probabilmente in altre circostanze questa cosa mi avrebbe messo un pochino di dubbio, ma se lavori per la Regina non ho motivo di dubitare della sua saggezza. Spero solo che mi venga dato il benestare dal Duca per darti una mano, presto o tardi.»
Effettivamente l'idea di non sapere di cosa fosse capace un aurora, e la sua naturale reticenza nell'aprirsi, non faceva altro che alimentare lo stereotipo di razza meschina e decisa a sovvertire l'ordine naturale delle cose. Serviva una sforzo conscio di fiducia per superare una simile e tribolante situazione, ma Jeanine era agli antipodi di una tale apertura mentale, sebbene stesse sempre più vedendo in Julien un qualcosa di "degno". Non decente, non morale, ma sicuramente il modo corretto di affrontare la sciagura di essere nati dal lato sbagliato della barricata. Ironicamente, se avesse saputo sul serio le perversioni del rosso, l'avrebbe solo che apprezzato di più fintanto che limitava le carneficine alla sua stessa schiatta.

«Sono qui per la mia famiglia.» riprese. «Mio padre era un cavaliere prima di decidere che la vita di mia sorella valeva più di quella della nostra dinastia. Così quando è fuggito l'hanno accusato di tradimento. Accusato, poi... è un traditore, non è che serva un procedimento giudiziario per capirlo. Fino ad ora non avevo mai rinunciato al nome della mia famiglia, per rispetto a mio nonno che aveva combattuto per Ragima, ma ora che Sua Grazia Buchard mi ha presa come sua suddita non ha più senso che perda tempo a cercare di risanare un nome insanabile.» un mese prima quel genere di idea l'avrebbe fatta andare su tutte le furie, ma dopo aver conosciuto Florian e Céline le cose erano via via mutate. Adesso era consapevole di poter ricostruire da sola il suo futuro, senza doversi appoggiare necessariamente a qualcosa, a qualcuno. «Può sembrare drastico ma alla fine che ho capito che non avrei mai avuto la forza di andare a Issrotha e tirare mio padre - o la sua testa - fino a Hejan. Una scelta difficile, ma fondamentale per il mio futuro.»
Straordinario era come Jeanine, pur avendo una forte ostilità per gli aurora, avesse visto in Julien una specie di bestiola ammansita a cui poter raccontare le cose in maniera tranquilla. Probabilmente nella sua testa abbacinata da idee stupide sulla natura degli aurora, l'iracondo era più simile ad una bestia che una persona e lei andava raccontando le sue vicissitudini a poco più che un cane randagio. Tale era la radicalizzata aurorafobia in lei che a stento si rendeva conto di star conversando amichevolmente con ciò che avrebbe dovuto odiare. Non era però ipocrisia, quanto più curiosità mescolata abbondantemente con ignoranza.

«Se tutto va bene mi emanciperò dalla mia famiglia una volta per tutte e cambierò legalmente nome in "di Aime", abbandonando tutto il resto.» si strinse nelle spalle.
«Visto che ti ho detto il motivo per cui sono qui, però, mi sovviene una curiosità: come sei finito a fare quello che fai? Di solito la tua gente scappa nelle crepe dei muri pur di non finire invischiata in queste situazioni.» lanciò un'occhiata alle guardie che erano vicine al fulvo. «Ho come l'impressione che la tua non sia stata una scelta, eh?»

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«La Fonte è stata crudele con te, Julien.» disse, dopo aver riflettuto un istante sul discorso del rosso. «Ha deciso di far nascere Aurora una persona che avrebbe senz'altro avuto una vita facile altrimenti. O forse... no?» inclinò un poco la testa guardando l'iracondo, come un cane che studiava qualcosa d'ignoto. «Forse è proprio perché sei nato come un aurora che il destino ti ha permesso di spiccare tra la tua gente. Dopotutto guardandomi intorno dubito di vedere altri che possono andarsene felicemente a passeggio per Hejan seppur con la scorta.» quell'"altri" sottintendeva chiaramente un "figli della fonte". E sì, Jeanine nel suo piccolo era rimasta piacevolmente affascinata da quello stoico e apparentemente freddo mastino; la parlantina diretta, i modi di fare che trasudavano pragmatismo scevro di tutta la melensa ampollosità dei nobili d'alto rango... un uomo che aveva fatto nella vita quel ch'era necessario, non dissimilmente da lei, arrivando fino a tradire la sua stirpe pur di sopravvivere. In modo distorto - perché certo non poteva paragonarsi alle disgrazie di Hafsol - sentiva d'aver condiviso un cammino di semi martirio con Julien.

«Forse hai ragione, dopotutto, non siamo così diversi. Abbiamo entrambi cacciato la nostra gente, a modo nostro, ma questo regno ha bisogno di persone disposte a fare cose che altri non farebbero. Per codardia, per ignavia, per incompetenza. Per quello che mi riguarda - e per quello che può valere - sei uno di quelli buoni che ha capito come gira il mondo.» in realtà era lei, probabilmente, a non aver capito assolutamente niente del Nentyr. Né della situazione degli Aurora, o di Vienne, ma era troppo invischiata nelle sue idee reazionarie per capirlo. «Visto il disturbo, posso offrirti qualcosa da bere o da mangiare per sdebitarmi dell'aver risposto a tante domande?» lo chiese a Julien, ma in realtà guardò verso i gendarmi aspettandosi che fossero loro a dover decretare quante libertà avesse il giovane mastino.

«Un bicchiere di vino, niente più. Poi vi lascerò in pace.»
Almeno finché non avrebbe caparbiamente trovato il modo di scrivere al supervisore di Julien, Touiller.

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Jeanine fu entusiasta della - letterale - ora d'aria concessa a Julien dalle sue guardie.
«E privare i cittadini di Hejan di una simile vista?» fece un cenno col capo a Bastardo. «Cavalcheremo affiancati, così nessuno ci disturberà.»
Ora, in altre circostanze probabilmente la cacciatrice avrebbe anche convenuto alla saggezza di usare un normale equino in due, ma non era il caso d'allargarsi tanto con un aurora. Non che il povero mastino avesse fatto qualcosa di male per meritare quell'ingiusto rifiuto, ma nella testa della bionda doveva per forza restare un certo distacco tra di loro. Lei era un'aspirante cavaliere e se aveva imparato qualcosa da Céline questo era sicuramente la necessità di un minimo di distacco. Un velo, una traccia, sottile ma indelebile che separava loro da lei. Recuperò sveltamente la creatura e ci balzò in groppa senza troppe cerimonie, avvicinandosi poi al mastino.
Le si mise vicino, con il lupo che docilmente guardava annoiato a destra e manca. Non apprezzava molto quando Jeanine lo usava come cavalcatura, ma per quella volta avrebbe chiuso un occhio.
«La prima bettolaccia andrà benissimo. Serviranno comunque vino migliore di quello schifo che ho bevuto per anni.» sfortunatamente aveva iniziato a bere molto presto, data la sua natura di "orfana", anche se non era certamente dipendente dallo spirito. Come ragazzina ritrovatasi sola al mondo aveva preso strade assai discutibili prima di ritrovarsi a Estemuro, ad Aime, e solo per miracolo non era finita distesa e fredda in fondo a un fosso. Forse la rabbia e la vendetta l'avevano preservata dalle febbri e dalla fame.

«Ora... qualche curiosità più seria.» si appoggiò alla sella, piegandosi un poco in avanti e guardando di lato, verso il fulvo. Aveva un sorrisino furbo sulle labbra, era sorprendentemente affabile.
«Mi hai detto perché fai quello che fai, ma non come sei finito a farlo.» continuò a guardarlo. «Voglio dire... Famiglia? Amici? Da come ti comporti direi che non sei un poveraccio e, credimi, ne ho visti a grappoli. Sembri aver ricevuto un'educazione militare.» ovviamente Jeanine si riferiva principalmente al modo di parlare e alla compostezza che l'iracondo aveva dimostrato sino a quel momento; nessuno screzio, nessuna lamentela, nemmeno dinnanzi a certe illazioni o paragoni poco lusinghieri come quelli del topo. Lei, di contro, era uscita di senno per molto meno.
«Sarò petulante ma basta davvero una gabbia dorata a tenerti imprigionato?» mosse gli occhi verso le guardie, facendo in modo di rendere chiaro a cosa si stesse riferendo. Una segugio capace di cacciare pericolosi dissidenti certo non avrebbe avuto problemi a macellare due poveri diavoli e darsi alla macchia. No, per lei c'era qualcosa di più sotto, ne era incuriosita, affascinata quasi.

«I miei genitori non sono Aurora.» riprese. «Ma non so se per te la cosa è uguale.»
Ovviamente il suo primo pensiero era che fosse stato coattamente costretto a collaborare, non le pareva troppo vero che a Julien piacesse essere il boia della sua gente di motu proprio. Nel mentre che avanzavano per le vie, con tanta angoscia di quei popolani che alla vista di Bastardo per poco non si prendevano a male, arrivarono nei pressi di una piazzetta. Era piccola e decisamente secondaria, con una bella fontanella sormontata dalla statua della regina Vivienne. Una versione in miniatura, non più grande di un cubito. Su quella stessa piazza s'affacciava una modestissima locanda che, sull'insegna, recava un nome assai patriottico: "Rondine d'Argento".
«Immagino che per bere un bicchiere di qualcosa questo posto per damerini andrà benissimo.» fece per scendere ma poi guardò di nuovo Julien, come a chiedergli conferma. Era una rozza contadina dalla mente chiusa ermeticamente, ma non aveva il sé il seme dell'egoismo e se doveva bere con qualcuno era d'uopo che il posto piacesse a entrambi. Il che faceva ancora più ridicolo il fatto che vedesse nel suo interlocutore una specie di subumano, rendendo lampante per chiunque - tranne a lei - la stupidità di certi suoi preconcetti.

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