Tzunami

Tzunami

La nonna paterna di Thalassa era un'elfa marina, stregona di stirpe acquatica, più simile a una ondine che a una figlia di Arborea.
Anfibia, come tutta la famiglia, Ipazia viveva perlopiù in mare o sulle sue rive.
Avevano pochi contatti con gli abitanti della costa, per diffidenza reciproca e scarso interesse.

Quando avvenne un evento sismico di discreta entità, tutta la sua gente si organizzò per rifugiarsi sul fondo dell'oceano, al limitare della piattaforma continentale, così da essere al sicuro dai moti ondosi anomali che si sarebbero generati.
Non vi era un minuto da perdere, dovevano allontanarsi dalla superficie il più possibile.
Ipazia però scelse di dirigersi in senso contrario, verso la terraferma, per avvertirne gli abitanti.
"Non avresti assolutamente il tempo di tornare indietro e forse neppure di salire abbastanza in alto. Ma soprattutto non ti crederebbero."
Lei decise di tentare ugualmente. Le interessava la salvezza di tutti, certo, ma segretamente desiderava osservare l'evento, ne era irresistibilmente affascinata.

Giunse sulla riva del mare assai prima di quanto si aspettasse.
Non perché la sua velocità fosse stata superiore, ma perché l'oceano si era spaventosamente ritirato.
Era uno spettacolo di surreale bellezza, ma indicava che la massa di acqua interessata era enorme, molto più di quanto ipotizzato.
Anche l'atteggiamento degli abitanti era peggiore del temuto.
Ipazia vide schiere di bambini festanti scorrazzare per il fondo del mare, ora scoperto, raccogliendo conchiglie.
Sarebbe stata una carneficina.
Emerse dalle onde con i lunghi capelli azzurri sciolti e grondanti, chiedendosi come fare.
Provò a spiegare il pericolo, ma venne considerata una strana fata, divertente o spaventosa a seconda dei caratteri.
Era un disastro.

Una giovane maestra notò il suo sconforto e finalmente la ascoltò.
"Se è vero, è una cosa mai vista a memoria d'uomo e tu stessa sei in pericolo. Se è falso sei la burlona più depressa e folle che abbia mai visto".
Ma se è falso e andiamo sulle colline, ora, nessuno si sarà fatto male in ogni caso.
Ed è già successo. Non a memoria di uomo, ma di elfo sì. I vostri antenati ricordavano. Perché altrimenti avrebbero costruito la vecchia torre diroccata così in alto? Ed è lì che saremo al sicuro.
Non avete nulla da perdere.

La logica era ineccepibile.
La maestrina decise di fidarsi di una sconosciuta fradicia ed apparentemente farneticante, per il bene dei suoi allievi.
Di lei la gente si fidava.
Caricarono i piccoli sui carri e iniziarono una corsa disperata.
Ipazia, sollevata, si voltò indietro verso il mare.
La linea di costa ora stava arretrando a vista d'occhio.
Il suo desiderio di assistere di persona agli eventi descritti nelle leggende si stava avverando.
Avrebbe pagato il prezzo della sua scelta, se ne era assunta consapevolmente la responsabilità.

Mentre si inerpicavano su per la collina, la sua vista elfica scorse all'orizzonte un'onda diversa dalle altre. All'inizio era alta poco più di un metro, ma procedeva spedita come al di sopra delle altre increspature, sembrava in qualche modo "solida".
Correte!
Giungeva inesorabile, a velocità spaventosa.
Quando i primi carri ebbero raggiunto la torre, la sua altezza iniziò ad aumentare .
Un muro di acqua sorgeva sempre più alto al di sopra della superficie del mare, come fosse davvero un corpo solido.

Lo stavano guardando con i loro occhi, ma nessuno, neppure Ipazia, riusciva a crederci sul serio.
La mostruosa montagna di acqua cresceva sempre di più, mostruosamente, tanto più rapidamente quanto più si avvicinava.
Fino a quando non superò, incredibilmente, la linea del bagnasciuga.
A quel punto molti iniziarono a urlare preghiere e suppliche, disperati.
Ancora! Ancora più in alto della vecchia torre, sulla cima della collina! Lasciate tutto, prendete solo le forme di vita, ed aggrappatevi agli alberi!

L'onda gigantesca correva sulla sabbia, era come "uscita fuori dall'acqua" pur essendo acqua essa stessa. Risalì la spiaggia come una bestia infuriata.
Superò la linea di marea e in un momento fu sulla terraferma.
Corse oltre le prime case senza sforzo, insensatamente, inoltrandosi nell'entroterra con forza inarrestabile.
Era alta decine di metri e sfrecciava in avanti come se nulla al mondo fosse in grado di arrestarla, neppure la magia più potente.
Sembrava che avrebbe spazzato via la roccia stessa, l'intera collina.

Si abbattè contro la torre vecchia con fragore assordante, igoiandola e facendola a pezzi.
Ipazia, poco più in alto, abbracciò un albero e chiuse gli occhi, non poteva fare altro.
Venne investita dal rombo e dagli spruzzi, l'acqua piena di detriti arrivò a sferzarle le gambe.
Il risucchio fu incredibile, dovette tenersi con tutte le sue forze.
L'albero stesso gemette.
Se il livello fosse stato anche lievemente più alto, non sarebbe mai riuscita a restare aggrappata.

Non avrebbe potuto semplicemente lasciarsi andare. Certo, lei era in grado di respirare anche se fosse stata trascinata sotto la superficie, ma quello non era più mare.
Era fango salato agitato da forze immani, in cui cozzavano interi tronchi e persino rocce.
Alcuni carri furono portati via, in un baleno la mostruosa risacca li spinse in mezzo all'oceano, al largo.
Vennero alcune onde secondarie, ma non superarono ciò che restava delle fondamenta della antica torre.
Era come se la superficie del mare si fosse attestata su un nuovo livello, circa 30 metri superiore alla norma.
Avevano tutti i piedi bagnati ed il volto rigato di lacrime, ma erano salvi.