Ti proteggerò da Me Stessa

Nel BG Aprile 2024 {Minaccia}

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    Ti proteggerò da Me Stessa

    {Minaccia ❖ Prosegue da Qui ❖ Venalia Tinlomiel ❖ Scheda}

    Guardò Karril allontanarsi ancora con la bocca piena, mentre ridendo si mangiava felice i biscotti ch'ella stessa aveva preparato. Venalia, rimasta seduta sul bordo del tavolo, fece un lunghissimo sospiro trasognante immaginando quando sarebbe stato bello potersi concedere un lungo bagno con la sua dolce metà, forse arrivando persino ad avere un pensiero ammiccante a quel che s'era ripromessa di non fare subito. Almeno non prima che le cose si fossero assestate un poco. La sua era un'indole assai labile e solo per l'amore incondizionato che chiaramente aveva per Karril era riuscita a tenerla a bada, a far sì che quella notte avesse goduto della sua sola presenza, senza immaginarsi null'altro. Ma quel momento sarebbe arrivato presto o tardi, e doveva essere perfetto, splendido. Naturale, com'era stato il loro primo bacio la sera prima. Fu in quel momento, persa nelle sue riflessioni, che l'elfa s'accorse di come i suoni provenienti dalla strada, brulicante di vita alle soglie del mezzodì, si erano quietati del tutto. Un mutismo innaturale, sbagliato, che allertò i suoi sensi obbligandola a scattare in piedi e guardarsi attorno. Elwing, poco distante, sembrava a sua volta essersi immobilizzata, sonnecchiando sulla spalliera della poltrona come se fosse tutto normale. Il tempo di formulare un pensiero concreto su chi potesse essere l'artefice di una simile, e inutilmente teatrale sceneggiata, che la voce sensuale di Bilqis le arrivò da dentro una delle mensole.

       «Venalia Tinlomiel innamorata. Questa piacerà un sacco al mio padrone, sembra una barzelletta.» uno degli sportelli si aprì, rivelando la piccola succube intenta a lisciarsi i capelli con le mani artigliate.
       «Mi chiedevo quanto ci avresti messo a tornare a rompere il cazzo, vedo con dispiacere che la risposta è "troppo poco".» Venalia richiuse lo sportello, ma la succube si teletraportò all'esterno - sul tavolo - continuando a parlare come se nulla fosse.
       «Lo sai che devo tenerti d'occhio! Questo vale anche per le tue frequentazioni... e siccome questa sembrava una cosa più seria dei tuoi soliti giochini, ho pensato di venire a fare due chiacchiere per aiutarti a riflettere bene sulla tua scelta.»
    L'elfa si avvicinò al tavolo e, dopo aver poggiato le mani sul bordo, si protese in avanti verso la piccola diavolessa. L'avrebbe decapitata con un morso se avesse potuto, almeno a giudicare dallo sguardo di puro odio viscerale con cui la stava fissando.
       «Lascia che io sia chiarissima: tocca Karril, nomina Karril, respira entro tre metri da Karril e ti strapperò quelle gambette conficcandotele così in profondità nel culo da farti diventare un lemure. È abbastanza comprensibile?»
    Il tono non ammetteva repliche e l'averlo detto a denti stretti, sul punto di mettere in pratica la minaccia giustappunto sciorinata, non faceva altro che rendere ancor più concreto il rischio di un carnaio operato a mani nude. Tuttavia Bilqis, vuoi per la sua natura immonda, vuoi per l'abitudine a contrattare con gente che di minacce - vuote o reali - faceva il suo pane quotidiano, non si scompose minimamente. Fece un passo indietro e alzò le mani.

       «Hey, stai calma, non sono io il pericolo per Karril qui. Anche se...» alzò le sopracciglia e guardò verso il basso, come se si fosse ricordata all'improvviso di qualcosa d'importante. «... niente, comunque non sono una minaccia per la tua bella fidanzatina. D'accordo? Sei tranquilla e posso parlare?» lo domandò come se Venalia, in qualche modo, avesse avuto una reale scelta sull'ascoltarla o meno. Ovviamente doveva sottostare a prescindere, quindi senza neppure attendere la risposta proseguì. «Apprezzo che tu sia andata piano con lei: contrariamente a quanto puoi credere non è che tutti noialtri siamo figli di troia, qualcuno ha ancora un minimo di senso di lealtà. Invidio la tua risolutezza in tal senso e sono certa che anche il padrone la troverà encomiabile... Tuttavia...» si mosse vicino alla ciotola coi biscotti, rompendone un pezzo grande abbastanza da poterlo mangiare. «Sono sinceramente preoccupata di cosa potrebbe succedere quando Karril verrà a sapere delle tue piccole pulsioni, di quello che sei stata prima. Perché tu glielo dirai, vero?»

       «Sono affari miei di come voglio gestire la mia vita privata, se permetti. Non ho intenzione di mentire a Karril, voglio che sappia quello che ho fatto e quello che sono oggi. Sono passati sessant'anni dall'ultima volta che ho fatto qualcosa di davvero orrendo, pensi sul serio ch'io sia la stessa cazzo di persona? La gente cambia. Io sono cambiata.» lanciò un'occhiata verso la parte della casa dov'era andata l'iraconda a pulirsi dalla farina, spaventata dall'idea che potesse riuscire in qualche maniera a sentirla. Origliare quel dialogo sarebbe stato una sentenza di morte per la loro relazione, o almeno così pensava l'elfa, troppo confusa e titubante sulla vera natura di quei suoi stati d'animo, delle oscure pulsioni. Della sua fame.

       «Non può sentirti. Ho bloccato te e me in una bolla temporale, per parlare indisturbate.» la rassicurò Bilqis.
       «Sei venuta fin qui solo per dirmi quanto poco credi nell'amore o...?» la maga si fece indietro, incrociando le braccia sotto al seno. Era consapevole di non potersi liberare su due piedi di quell'invadente occhio sempre vigile e anche se la nottata passata con il suo nuovo amore l'aveva quasi persuasa del contrario, ora tutto le era ripiombato addosso come un macigno. Era una realtà dalla quale non poteva fuggire semplicemente chiudendo gli occhi, un pericolo che sarebbe permasto finché non avrebbe deciso di affrontarlo una volta per tutte.
       «D'accordo parliamo schiettamente, queste magie temporali non sono semplici da far passare inosservate: noi vogliamo che le cose con Karril funzionino. Chiaro? Ci serve che tu stia bene, ci serve che tu sia forte. Ma per far sì che le cose vadano bene devo assicurarmi che, sempre tu, capisca cosa c'è in gioco.» in un attimo l'espressione sul viso della imp mutò dal sempiterno sorriso beffardo ad una serietà quasi assoluta. «Conosciamo la tua natura e la conosci anche tu. Sei tu l'unica vera minaccia per la tua stessa felicità, non io, non qualche Dio dimenticato, tu e tu sola.»
       «Sto facendo le cose per bene.» disse, stizzita, Venalia. «Lei è un... una cosa meravigliosa, e sono quasi certa di non meritarmi un simile premio dopo la vita di merda che ho vissuto sino ad ora.»
       «Sul fatto che non te la meriti sono pienamente d'accordo ma è stata lei a sceglierti e quindi adesso vedi di fare le cose come si deve, e intendo tutte. Perché sei tu che mandi a puttane le cose nella vita delle persone di solito, non viceversa. Vediamo di evitare un'altra Anna nella tua vita, che ne dici?»
    Per un secondo l'elfa rimase ferma, combattuta tra la voglia di sbottare contro la imp, togliendole il nome di Anna dalla bocca con uno schiaffo, e la realizzazione d'essere davvero il più grande pericolo per se stessa. Sì, tra tutte le minacce che potevano esserci al mondo, reali o ipotetiche, la possibilità di cadere nei soliti vizi che l'avevano quasi portata ad autodistruggersi era in cima alla lista. Che a dirglielo fosse stata la sua piccola diavoletta personale, affetta da una sindrome voyeuristica di una certa importanza, non cambiava la realtà dei fatti. Anche Elwing, la sera prima, l'aveva in qualche modo redarguita, non era solo Bilqis a starle facendo la paternale. Le faceva una certa rabbia dover dare ragione anche all'ancella di quella parte oscura che tanto si sarebbe voluta cavar di dosso, strappandosela di forza, ma tant'era. Prima prendeva atto di quel che rischiava e prima sarebbe riuscita a eliminare il più possibile la probabilità d'una simile sciagura. Perché non dovette neppur pensarci per rendersi conto di quante persone aveva rovinato con le sue follie scriteriate nel corso di un secolo: amanti, amici, professori. Aveva seminato tempesta in chiunque, comportandosi come la stramaledetta gramigna, e solo perché alla fine - per paura - aveva finito per ravvedersi non significava che il germe della sciagura non s'annidasse ancora dentro di lei.

       «L'ho promesso a Karril e lo ripeto a te: io la proteggerò da tutto e da tutti. Soprattutto da ME, se necessario. Non sono più la patetica ragazzina di cinquant'anni fa, Bilqis.» disse, greve nel tono. «Io non sono una "minaccia" per quello che sto creando con lei. E non lo diventerò. Ci siamo promesse di crescere assieme su questo e so che se mai dovesi essere così stupida da mandare tutto a puttane ci penserà lei a farmi rinsavire a forza di schiaffi.» non era mai stata più certa di qualcosa in vita sua. Mai. E questo persino Bilqis dovette ammetterlo, tanto che alzò di nuovo le mani.
       «Io il mio avvertimento te l'ho dato, principessa, ma sappi che se farai del male a Karril ci saranno conseguenze.»
       «Non le farò del male. Non le farò del male. NON. LE. FARÒ. DEL. MALE.» alla terza ripetizione della frase si mise letteralmente ad urlare per la frustrazione. Le mancava solo una scimmia ammaestrata da qualche immondo a farle la paternale su quel che rischiava, su quel che avrebbe potuto combinare. Lo sapeva benissimo e la sola idea di fare un qualche danno le stritolava il cuore, non voleva sentirselo dire. E forse vedere quella reazione era tutto quello di cui la imp aveva bisogno per assicurarsi che Venalia non commettesse l'errore, che non si lasciasse mai andare del tutto abbassando la guardia. Si strinse nelle spalle, annuì e poi scomparve in un piccolo lampo di luce mentre il mondo ripartiva tutt'intorno all'elfa. I suoni dalla strada, il russare lento di Elwing. Sembrava tutto come prima, intoccato, tranne per quella briciola di biscotto staccata da Bilqis.
    L'elfa lo prese e lo lanciò nel caminetto così che le fiamme lo riducessero in cenere; non voleva saperne niente di niente di quell'esserino maledetto e infestante. Lei non avrebbe fatto del male a Karril.
    Mai.

     
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