Sotto foglie d'argento

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    La storia fin ora
    topic di provenienza: Senza Fiato
    Insieme alla sua famiglia, Ailis Krasinier giunge al castello di lord Haderique, il suo futuro sposo, per prendere parte alla sua festa di fidanzamento. Anche Jonathan Caedran, infiltrandosi nella servitù, riesce a seguirla. Nessuno dei due sa che nella sala da ballo è presente un'aurora, ben nascosto fra i nobili del Nentyr: Sseth Tzeentach, invitato dai suoi genitori a tornare finalmente a casa. Quando questi verrà allontanato da una donna di nome Ranisha, Ailis, vedendo il disinteresse di lord Fabien nei suoi confronti e sospettosa, decide di seguirli e spiarli. Scopre così che lady Ranisha possiede una chiave che non solo sembra appartenere a suo padre, ma che possiedono anche molti altri invitati. La donna cerca di avvelenare Sseth, ma Ailis riesce ad evitarlo, e decide di cercare Jonathan, incontrandolo al di fuori della sala dopo aver finto di sentirsi male. Saranno scoperti però dal medico, che penserà esserci una relazione amorosa tra di loro. I due non hanno il tempo di pensarci, però, che raggiungono Sseth per chiedere informazioni: anche lui è stato accusato di avere una delle chiavi con sé, invano. Tutto cambia quando sentono un terremoto, e sul castello sfrecciano veicoli tecnologici. Alla loro guida degli aurora capitanati da Sìoda Ardqua, che dichiarano di far parte della Strelizia e di essere arrivati per vendicare la loro razza. Uccidono lord Haderique e lord Fabien di fronte a tutti, e subito dopo un'onda anomala, proveniente dalla diga distrutta del proprietario del castello, travolge ogni cosa. Sseth riesce a rubare uno dei veicoli e a raggiungere i suoi fratelli, mentre Ailis si perde nella corrente, e Jonathan accorre in suo aiuto per salvarla, ignaro che lord Krasinier lo sta guardando.


    CITAZIONE (» Fyan @ 4/7/2022, 21:54) 

    Jonathan Caedran

    Umano Aurora | Ladro/Assassino | 9 | LN/M | Scheda | DICEROOM
    Jonathan però non volse lo sguardo ad Ailis, né si voltò a cercare suo padre, per evitare di essere visto. Issò la ragazza sul veicolo davanti a lui e la strinse saltamente con un braccio, come se non volesse soltanto evitare di farla scivolare di nuovo tra le acque turbolente, ma fosse profondamente sollevato di saperla al sicuro con lui. Una vena sulla tempia gli pulsava di tensione ed Ailis lo notò chiaramente, quando a bordo del veicolo il Tiratore si impegnò a manovrarlo per allontanarsi quanto più lontano possibile.
    Non disse assolutamente nulla, come anche Ailis stava facendo, come se tutta quella situazione non lo avesse affatto scosso, come se l'idea di ribellarsi come la Strelizia non gli stesse inequivocabilmente facendo prudere le mani. Come se non avesse rischiato copertura, missione e la sua stessa sicurezza, gridando il nome di Ailis sopra l'onda anomala.

    Se ne allontanò, però, quanto più possibile. Se ne allontanò in silenzio e con lo sguardo duro, come se il solo farlo fisicamente potesse tenerlo distante da tutti i pensieri e le sensazioni che aveva provato. Era stato irresponsabile, aveva agito di istinto ma... come evitarlo? Non aveva nemmeno ancora realizzato completamente di aver assistito ad un attacco terroristico, che aveva trovato giusto vedere il sangue dei nobili colare. Scelse le campagne lontane dal castello, quelle dove l'acqua era già passata distruggendo colture e fattorie, portando via le vite dei potenti, e dove ormai non c'era più il pericolo di essere travolti o visti da nessuno. Solo allora, abbassandosi di quota fino a fermare il veicolo, si concesse finalmente di respirare.
    Abbassò le spalle, mentre ogni pensiero su ciò che aveva fatto ora si faceva spazio dissipando l'adrenalina, e per puro istinto strinse Ailis contro il petto con entrambe le braccia e posò il mento sulla sua testa.
    «Sei ferita? Stai bene?» domandò in un soffio, ansante.
    HP 66/66
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    Edited by » Fyan - 5/7/2022, 21:34
     
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    Ailis Krasinier

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    Lui però non la guardava. Vedeva solo quell'espressione preoccupata, come la sera in cui suo padre le aveva fatto visita. La mandibola serrata, lo sguardo determinato, quasi adirato, e la solita tensione nel corpo che si scioglieva di poco, solo per tenere stretta lei. Per un attimo, Ailis pensò a qualcosa di impossibile e che forse per lei non sarebbe stato facile nemmeno immaginare, volando oltre confini invalicabili e in pensieri indefiniti. Eppure, quella vicinanza non poteva significare nulla. Il fatto che le avesse detto che era bella quella sera era solo per consolarla. Quando l'aveva presa per mano, era solo una finzione. Sacrificare il desiderio di partecipare alla ribellione della Strelizia per salvarla doveva essere stata una decisione affrettata. Non ebbe però il tempo di riflettere oltre, perché con il veicolo, che la spia sapeva usare molto bene con sua enorme sorpresa, si fiondarono verso un luogo al sicuro, lontano dall'acqua e da qualsiasi scenario di morte e distruzione.

    Stava per scendere dal mezzo, in modo da riprendere dimistichezza con la terra ferma, quando si sentì stringere ancora più forte dall'aurora. E non solo: era alto, perciò lei si ritrovò letteralmente rannicchiata contro il suo petto, tenuta ferma dal viso, così vicino che fu grata di aver tenuto bassa la testa. Nessuno l'aveva mai abbracciata a quel modo, e inizialmente fu inevitabile irrigidirsi sotto il suo tocco.
    «Sei ferita? Stai bene?» A dire la verità, non lo sapeva. Non riusciva ancora a metabolizzare tutto quello che era successo, sentiva di avere ancora acqua in gola, e le urla riecheggiavano nelle sue orecchie. Inoltre, il suo cuore batteva all'impazzata, e non sapeva se fosse per la stanchezza o per via di quell'improvvisa attenzione. Un gesto dettato dall'ansia, lo capì dal suo tono di voce, però... Però non riusciva a staccarsene. "Sì... sto bene. E tu... ?" rispose, con tono stanco.

    HP 72/72 RD 1/- contro attacchi di tipo Terra
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    Jonathan Caedran

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    Il fatto che Ailis fosse così rigida contro di lui, lasciò immaginare al Tiratore che fosse davvero ferita o che qualcosa la stesse spaventando al punto di non sapersi più muovere. La allontanò infatti tenendola dalle spalle, quando la sentì rispondere con quel tono stanco, motivo per cui la sua preoccupazione aumentò, ma solo per placarsi nel notare che effettivamente non c'era nulla di rotto e lei avrebbe emesso certamente un gemito se avesse subito una botta di quelle devastanti, che avevano già ucciso gli altri nobili. Era solo fradicia, sicuramente scossa.
    Come biasimarla? Aveva assistito ad un attacco terroristico. Gli aurora avevano torto il collo al suo orrendo promesso sposo proprio davanti ai suoi occhi, come se fosse stato una gallina, e Jonathan sapeva bene che anche se lui a quella violenza era abituato, non tutti potevano sopportarla, anche se si trattava dei propri nemici. In realtà continuava a pensarci, a ripetersi le parole di Síoda in testa e a sentire quell'adrenalina nelle vene che lo aveva spinto ad infischiarsene di tutti per salvare Ailis... perché quella sensazione, anzi, quelle sensazioni le associava in maniera decisamente intima.

    «Mh» le rispose annuendo. Lui stava bene, almeno fisicamente. Era la mente che lo portava su di giri e per ragioni molto diverse tra loro.
    Lasciò le mani sulle spalle di Ailis, ma rilassò i muscoli quando la guardò negli occhi. Si sentì immediatamente in difetto nello starle così vicino e nell'averle forzato il contatto con quell'abbraccio, ma non aveva saputo trattenersi. Era come se ora che aveva scoperto della Strelizia si sentisse più potente e meno vincolato... il Nentyr non lo voleva e lo reputava un mostro? Beh, lui avrebbe fatto in modo di farsi sentire. Non vedeva l'ora di scriverlo a Nora.
    Eppure... non voleva escludere Ailis da quei progetti. Ancora, però, riteneva che non fosse il momento di dirle che lui quei terroristi li conosceva.
    «Devo... devo riportarti indietro dagli altri» bisbigliò con un velo di freddezza, come se non fosse stato se stesso nell'abbracciarla con tanta foga «Te la senti?»
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    Ailis Krasinier

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    Jonathan si era staccato per appurare da solo quanto stesse bene, e per la prima volta si sentì intimidita dal suo sguardo. No, non era paura. Non era la stessa sensazione del loro primo incontro. Era come una specie di vergogna, come se non volesse farsi vedere e come se non riuscisse più ad affrontare i suoi occhi. Si sentiva fragile, vulnerabile, dopo quell'abbraccio, dopo quella sera. Il cuore batteva ancora, uscendo fuori dal suo petto, come se volesse ricongiungersi al suo.
    Il Tiratore rispose persino alla sua domanda. Di solito, quando gli chiedeva come stava, non si azzardava nemmeno a fare un cenno della testa. Chi era quello? Era davvero il freddo e calcolatore assassino che aveva conosciuto?

    «Devo... devo riportarti indietro dagli altri» Di nuovo, ritornava lo stesso di sempre. Eppure, stavolta non si arrabbiò. Al contrario di quanto pensasse l'aurora, Ailis era molto più scioccata delle sue azioni che dell'attacco terroristico. Rimase a fissarlo, con le labbra schiuse, come se volesse dirgli che era inutile nasconderlo e che sapeva ormai qual era il suo vero volto. O forse ancora non ne era abbastanza consapevole, forse era ancora sospesa nella sua immaginazione. Forse aveva sempre sognato che potesse esserle così vicino, e ora che diventava realtà anche solo per un attimo, non sapeva come comportarsi.
    Pensò poi agli "altri". Si guardò intorno. Suo padre e sua nonna erano sopravvissuti? Soprattutto, suo padre aveva sentito Jonathan? Il medico aveva già detto a tutti della loro finta tresca? La guerriera si scrollò dalla presa, gentilmente. "Vado sola. Dovresti scappare, non sappiamo se qualcuno ci ha visti." disse, riflettendo di nuovo a mente lucida. Poi alzò lo sguardo. "Non preoccuparti, me la cavo." E il tono fu quasi consolatorio, rassicurante.

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    Edited by pandøra - 7/7/2022, 00:52
     
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    Jonathan Caedran

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    Jonathan trattenne il fiato quando Ailis, guardandolo negli occhi, gli mostrò quella determinazione che le aveva già visto illuminare lo sguardo altre volte e che... gli piaceva. Le lasciò le spalle, anche se non si allontanò con lo schiena come avrebbe voluto, totalmente certo che lei era in grado di tornare da sola dalla sua famiglia, che fosse sopravvissuta o no. L'idea di non averla sott'occhio, però, lo rendeva inquieto.
    «Va bene» acconsentì però, posando di nuovo le mani sui comandi di quello strano aggeggio, di fatto avvicinandosela ancora «Ti porto soltanto un po' più vicina.»

    Era riuscito fino a quel momento a gestire il veicolo, anche se non ne aveva mai visto uno ed era in assoluto la prima volta che lo usava, perciò non aveva osato spegnerlo per tutto il tempo, nel timore di non saperlo fare ripartire. Gli ci volle poco, per fortuna, a rimettersi in quota e apprezzò di averlo sequestrato, perché con quella velocità avrebbe raggiunto la fattoria dell'Ordine del Drago nella metà del tempo che invece ci avrebbe impiegato un cavallo. Lo avrebbe poi sicuramente lasciato lì perché lo studiassero e... trovassero informazioni sulla Strelizia. Desiderava capire cosa fosse e come trovarla, ovunque fosse nascosta.
    «Reggiti» bisbigliò alla ragazza, tornando indietro con il veicolo.

    Non si avvicinò troppo, come aveva promesso. Non sapeva se effettivamente Iosif li avesse visti ed i dubbi di Ailis erano totalmente leciti, ma Jonathan sperava vivamente che portare Ailis da suo padre non la stesse condannando a soffrire. La percepiva quell'indecisione, mentre si abbassava di nuovo di quota per lasciarla scendere. L'unica sua speranza era che il generale fosse morto, ma era più che sciocco sperarlo. Un uomo come lui moriva molto difficilmente.
    Si nascose dietro un albero abbattuto dall'acqua e poi si allontanò dai comandi, per lasciare lo spazio ad Ailis di scendere. Persino... tutta fradicia e con la treccia scompigliata era così... no, non era proprio il momento di pensarci.
    Rimase in silenzio, guardandola negli occhi, e forse solo perché aveva paura di lasciarsi agli istinti e all'adrenalina che prima lo aveva caricato. Se Ailis gli avesse fatto un cenno, sarebbe allora subito partito.
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    Ailis Krasinier

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    Piaceva anche a lei. Era raro provare attrazione fisica per Ailis, perciò quasi non si rese conto che, alzando lo sguardo, si fosse fermata di nuovo a fissarlo, imbambolata. I capelli gli cadevano sulla fronte, rivelando un po' del loro colore naturale per via dell'acqua che li aveva bagnati. E seppur di nuovo rigide come al loro solito, incontrava per la prima volta quelle pupille nere così profonde, invece di scontrarle. Perché era così difficile staccargli gli occhi di dosso?
    Solo quando riniziò a parlare si riscosse di nuovo. "Mh. Va bene." rispose, all'invito ad accompagnarla più vicina, mentre ritornava ad osservare il veicolo anche dall'interno. Chissà da dove venivano.

    «Reggiti» E Ailis lo fece. Senza neppure esitare, si strinse di nuovo a lui, seppur più timidamente di quanto aveva fatto prima. Ancora stanca e spossata, tutto quel galleggiare e quel volare sembravano minacciarla di cadere ogni secondo. I suoi piedi però rimasero saldi, fino alla meta. Non era solo quella la ragione: quel cuore che rimbalzava era stranamente una sensazione piacevolissima, e voleva scoprirla di più.
    Liberandosi dal contatto, poi, scese dal veicolo quando fu il momento.
    Si voltò per un'ultima volta verso di lui. La domanda era ancora sempre la stessa e la tartassava: perché era tornato da lei? Fu solo in grado di guardarlo, però, come se potesse chiederlo solo in quel modo, come faceva con le piante. "Quando tornerai, stai attento." Troppe persone avevano visto Jonathan quella sera. Detto questo si diresse verso la foresta, cercando suo padre.
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    Jonathan Caedran

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    Jonathan annuì un'altra volta alle rassicurazioni, rimanendosene immobile a guardare la ragazza allontanarsi, incapace per qualche momento di levare lo sguardo dalla sua schiena. Lei si chiedeva perché fosse tornato indietro, perché avesse lasciato cadere un suo fratello per rubargli il veicolo, perché avesse gridato il suo nome così tanto incoscientemente davanti ad una folla che avrebbe potuto ucciderlo soltanto nel vedere il colore dei suoi capelli... ma forse la risposta la sapeva e la sapevano entrambi. E quando Ailis sparì dalla vista del Tiratore, fu lui stesso a rendersi conto di quanto coinvolto fosse diventato e un po', stringendo di nuovo i comandi per tornare indietro, si maledisse per esserselo concesso.
    Avrebbe avuto parecchie ore per pensare, nel ritorno.

    Ad Ailis non servì molto per riconoscere la gente che aveva visto danzare alla festa. La maggior parte era abbandonata senza vita contro le macerie del castello, coi vestiti strappati e sporchi di sangue. Quel silenzio improvviso, misto ai lamenti di chi non era morto ma che moriva ai suoi piedi, era improvvisamente spettrale, se si ricordava il clima di festa di poco prima. Ailis si ritrovò a camminare in un campo di morte, mentre raggiungeva quelle poche persone che erano riuscite a sopravvivere, in piedi strette attorno ai cadaveri dei due Haderique, recuperate dal disastro.
    Si trattava del generale Iosif, con il viso graffiato e lo sguardo duro di rabbia. Al suo fianco il medico, lady Katrina, che anche se un po' sfatta, e priva di qualsiasi dama di compagnia, e lady Ranisha, assieme a qualche altro nobile.

    Ailis arrivò in tempo per udire ciò che suo padre mormorò proprio a Ranisha: «Va' a recuperarle tutte». Il momento dopo la donna si allontanò e lui si accorse della figlia per raggiungerla bruscamente. A discapito di quanto poteva immaginarsi, però, l'uomo la strinse in un rigido abbraccio, uno piuttosto raro, ma che era chiaro fosse misto a singolare rabbia trattenuta.
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    Ailis Krasinier

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    Tutto il piacere si sciolse come neve al sole. L'acqua si era impossessata del fiume, lasciando al suo passaggio solo sangue e disperazione. Per quanto fosse giusto, per quanto fosse il suo intento fin dall'inizio tradire il suo regno, non poteva godere di quello spettacolo. Neppure un soldato vigoroso e senza emozioni sarebbe rimasto indifferente a quella strage, e tutti quei cadaveri le fecero salire la nausea, tanto che dovette distogliere lo sguardo. Lentamente, raggiungeva coloro che si erano salvati, evitando di provare quello strano senso di vuoto che l'essere umano provava di fronte alla morte. Suo padre era vivo, e sua nonna, sfatta a quel modo, le sembrò quasi più umana.

    «Va' a recuperarle tutte» Si fermò. Le chiavi. Quindi Iosif stava davvero progettando qualcosa, come aveva sospettato, e quella lady Ranisha c'entrava. Si guardò intorno. C'era traccia del lacchè? Forse no, ma aveva intravisto il medico, e non ebbe il tempo nemmeno di chiedersi altro, che il generale avanzò verso di lei. La abbracciò, ma non davvero. Per un attimo, la vana speranza che fosse felice di vederla la indusse a ricambiarlo, a cercare ciò che aveva sempre cercato. Invece, sentì la paura salirle fino al petto, e poi chiuderle la gola. Sapeva. Ne era certa. E il fatto che si stesse trattenendo indicava quanto enorme fosse la sua rabbia, pronta a scagliarsi su di lei. Odiava quel sentimento, e odiava il fatto che ci fosse tanta differenza tra quello e l'abbraccio di Jonathan. Nessuno era più umano, e seppur spettrale, quel luogo non sarebbe cambiato. "Sto bene." finse anche lei.
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    Jonathan Caedran

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    Il lacchè Ailis lo vide: era un corpo morto abbandonato vicino ad un cespuglio, già fin troppo ferito per sopravvivere alla potenza dell'acqua. Fortunatamente la sua morte portava con sé anche il fatto di aver visto Ailis associata a Sseth, che a pensarci bene non si trovava da nessuna parte, né vivo, né morto. Forse era riuscito a fuggire come Jonathan, vista la sua natura.
    Mentre Ranisha si allontanava ed Ailis la perdeva di vista, l'idea che effettivamente quel disastro non fosse altro che la punta di tutti i problemi e le strategie di casa Krasinier cominciò a farsi prepotente. Iosif era furioso, chiaramente, e ovviamente aveva saputo qualcosa dal medico, ma non si permise di dire assolutamente nulla quando Ailis lo rassicurò sul suo stato e le scoccò invece un'occhiata più lunga e più dura delle altre, una che non prometteva nulla di buono. Non le avrebbe fatto nulla davanti a tutta quella gente, ma era come se le avesse detto che la questione rimaneva in sospeso.

    Ci furono pochi altri dialoghi. I sopravvissuti si asciugarono con le coperte meno fradice che riuscirono a recuperare ed ebbero il tempo di razionalizzare ciò che era accaduto, seduti in silenzio mentre i corpi venivano portati via. Gli aurora erano davvero dei mostri, dei violenti pericolosi che portavano soltanto caos e distruzione: l'odio nei confronti di quella gente si inasprì davanti a tanta ingiustizia, crebbe come mai era accaduto persino nel cuore di Iosif, che Ailis poté osservare trattenere la furia in ogni movimento, mascherandola col gelo. Persino la potente nonna ebbe poco da dire, se non maledizioni al popolo che aveva ucciso tutti loro e distrutto campagne e fattorie, con l'esplosione della diga. Per ore si tentò di calmarsi, di recuperare tutti coloro che potevano sopravvivere, e per ore Ailis vide suo padre dare la fine onorevole a chi, come quel cavallo nel bosco, era troppo ferito per poter ricevere una cura. Un po' per pietà, un po' per scaricare furore.

    Poi dei soccorsi arrivarono, portarono chi era rimasto presso le ville che li avrebbero ospitati, lontane dall'onda che aveva distrutto tutto, ed Ailis perse totalmente di vista sia lady Ranisha che suo padre. A giudicare dagli ordini, lei e sua nonna sarebbero state mandate a casa il giorno dopo, mentre Iosif si occupava della faccenda... e chissà quale faccenda nello specifico, anche se Ailis poteva immaginarlo. L'attacco degli aurora aveva smosso qualcosa di grande in lui e persino nella nonna, che pensosa continuava a guardare fuori dal finestrino della carrozza dei soccorsi, quando lei ed Ailis furono allontanate. Non commentò nemmeno con una frase acida delle sue ciò che era accaduto.
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    Ailis Krasinier

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    Mantenendo lo sguardo basso, evitò quello di suo padre, ma lo sentì incombere tutto su di sé. Un macigno pesante sul petto non le fece più nemmeno cercare lady Ranisha e quelle misteriose chiavi, consapevole del fatto che fosse troppo tardi per riuscire a possederne una. Si puntò invece sul cadavere del lacchè, sollevata del fatto che almeno una persona ad aver visto Jonathan insieme a lei e ad aver ascoltato i suoi discorsi con Sseth non fosse sopravvissuto. Il generale era a conoscenza della sua amicizia con uno schiavo, ma non della sua missione. Cercò di riacquistare il respiro, con quella consapevolezza.

    Per il resto del tempo, seguì la nonna come fosse stata una delle sue dame. Lady Katrina era... diversa dal solito. Mentre la osservava, si chiedeva come fosse possibile che le rughe del suo viso mostrassero un'espressione così dura anche in quella situazione, e quel suo silenzio raro, invece, le dava una speranza. Forse le parole della Strelizia, forse l'uccisione di lord Haderique... avevano smosso il cuore rigido e freddo della donna. O forse no.
    Ad Ailis piaceva sognare, nonostante tutto, che il suo regno potesse cambiare, che non dovesse per forza andargli contro. Una mera illusione per poter seguire la via più facile. Era cresciuta lì, però, abbastanza da sapere che qualsiasi dolore stesse vivendo sua nonna, non sarebbe cambiata. Non si azzardò nemmeno una volta ad infierire sui suoi celati sentimenti, rendendosi conto di quanto fosse in fondo simile a lei, a dover tenere sempre una maschera in sua presenza.

    Il giorno dopo partirono. Iosif rimase lì, e ad Ailis non fu riferito nulla. Chissà come sarebbe stata trattata ora che non era più nemmeno carne da dare in pasto ad un uomo. Nel viaggio, finì lei stessa per cercare una risposta a tutte le sue domande, per riflettere su quello che l'aspettava o per scoprire il piano di suo padre. Quell'incidente cos'era? Era davvero un'incidente? Era stato un attacco o un contrattacco? E Sseth... Sarebbe stato sicuramente difficile rivederlo e confrontarsi su ciò che avevano vissuto insieme, seppur per poco. Jonathan, invece... li conosceva? Sapeva della Strelizia e dei suoi membri? E così, sulla scia dei suoi pensieri, si addormentò in carrozza, ormai stanca di elaborare tutto ciò che aveva visto.

    Ci pensarono i suoi incubi a farlo, con le scene di sangue e ansia a tornare in mente, senza che riuscisse a svegliarsi e a scappare dall'ira di suo padre. Solo quando giunse a villa Krasinier, i suoi occhi si spalancarono. Era a casa, e pur non considerandola tale, ne rimase sollevata.
    HP 72/72 RD 1/- contro attacchi di tipo Terra
    CA 20 17 senza armatura

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    Spadone +10/+3 (2d6+7)
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    Jonathan Caedran

    Umano Aurora | Ladro/Assassino | 9 | LN/M | Scheda | DICEROOM
    Ailis giunse a casa quando il sole era tramontato, lo stesso momento nel quale Jonathan si risvegliò alla fattoria. Ci aveva messo molto poco a raggiungerla con quel veicolo, dalla Caterantia, e prima ancora che Ailis partisse con la carrozza, era stato accolto dall'Ordine del Drago, non prima di poter spiegare loro brevemente cosa era accaduto e poi crollare stremato: da due giorni infatti non dormiva e tutto lo stress maturato al ballo e nei viaggi furono abbastanza da spegnerlo nel primo giaciglio possibile, ancor prima di potersi preoccupare ancora per Ailis. Dormì per quasi un'intera giornata, mentre gli agenti studiavano il veicolo che aveva sequestrato e cominciavano a recuperare tutte le notizie più fresche dell'attentato, grazie alle loro spie. Jonathan le aveva precedute soltanto di poco.

    Al risveglio si sentì più stremato di prima, ma fu il pensiero dell'attentato ad accendere di nuovo le sue intenzioni. Mai come prima di quel momento sentiva di poter fare qualcosa di importante, mai aveva creduto di poter fare la differenza e forse quella stessa adrenalina che provava era quella con la quale aveva tagliato la gola all'uomo che gli aveva rovinato la vita, Roman Bass. Tenere il coltello dalla parte del manico non gli era mai sembrato così facile come in quel giorno. Voleva ribellarsi come Síoda. Voleva far parte della sua gente e non rimanere a fare strategie dietro una scrivania, senza mai scendere in campo: se qualcuno meritava la morte, era proprio quella gente senza scrupoli. Dovevano riprendersi quello che apparteneva loro e quella vendetta era loro diritto.

    Si rivestì in fretta quella sera e parlò brevemente all'Ordine della questione. Chiese loro di indagare sulla Strelizia e su Síoda Ardqua, perché forse più del complotto del generale Krasinier gli interessavano, ma quando si mostrò pronto ad andare via, gli agenti non capirono la sua scelta: sarebbe stato più sicuro riprendere il lavoro al castello dei Krasinier il giorno dopo, protetto dalla copertura di Asya, invece che quella stessa notte.
    «Devo andare da lei» spiegò allora con la sua solita freddezza, indossando il mantello senza ammettere repliche «Devo assicurarmi che stia bene.»
    HP 66/66
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    Ailis Krasinier

    U. Iboithi | Morfico Verdeggiante | 7 | NN | Scheda | DICEROOM
    Quel giorno non vide neppure Asya. Appena tornata dal ballo, sua nonna l'aveva congedato nella sua stanza senza neppure degnarla di uno sguardo, e lei ordinò che nessuno le facesse visita, e di non voler cenare. Se in un primo momento si era sentita a suo agio a vedere il castello Krasinier, non appena ci mise piede, una stanchezza le assalì le gambe e il cuore, spingendola a desiderare la solitudine. L'unica cosa che fece fu un bagno, per riprendersi dal viaggio. Soleva riflettere su ciò che provava, mentre si adagiava nelle acque calde, ma non lo fece. Sembrava non avere le forze neppure per pensare.

    Se si fosse interrogata un po' di più, avrebbe saputo che in realtà non ne aveva il coraggio. Che tremava dalla paura di sentirsi in difetto rispetto a ciò che era successo nella Caterantia. Perché quelle scene non riuscivano ad abbandonarla, perché era frustrata di essere ancora in gabbia e di non poter fare ancora nulla per uscirne. Perché voleva essere come quegli aurora e rompere le catene. E poi, il ricordo dell'abbraccio di Jonathan la faceva sentire come mai si era sentita prima: una mancanza così forte che le fece provare per la prima volta quanto fosse odioso restare a fissare il soffitto inerte, senza alcuna compagnia. Perché provava così tanta tristezza? Perché provava un calore così intenso?

    Le mille domande si tramutarono in battiti sempre più accelerati, finché non decise di alzarsi dal suo letto. Aprì le ante del balcone, salutando il suo salice, le cui melodie si perdevano già nella notte, fioche, come per non disturbare. Saija sembrò allungare le sue liane, lasciando un solo spazio per accoglierla sotto la sua protezione, come una madre che apre le braccia a sua figlia. E Ailis non ci pensò un secondo, prima di fiondarsi a stringere il suo tronco. Srotolò una scaletta di legno dal ramo più basso, che aveva costruito da bambina, e salì per nascondersi per bene sotto le fronde. Lì, sapeva come calmarsi. Lì sapeva come dirsi che andava tutto bene, e che sarebbe arrivato anche il suo momento di ribellione. Che poteva sperare.
    HP 72/72 RD 1/- contro attacchi di tipo Terra
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    Jonathan Caedran

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    Nessuno fermò il Tiratore, anche se qualche dubbio su di lui cominciò a solcare la mente degli agenti che si lasciò indietro. Era diventato troppo coinvolto? Si stava facendo prendere dall'impeto della rivalsa, rischiando ogni copertura e strategia soltanto perché aveva il cuore di un giovane? Forse. Forse, però, era troppo presto per deciderlo, e forse troppo tardi per fermare i suoi passi determinati.

    C'era molta meno gente, molta meno sorveglianza alle porte, e Jonathan se ne accorse subito. Gli bastò semplicemente diventare invisibile per passare attraverso i cancelli, prima che chiudessero, senza che nemmeno il soldato messo pigramente di guardia si accorgesse di lui. Il Tiratore si diresse al passaggio segreto dietro il ritratto di Saija che usava per raggiungere il giardino di Ailis, usò la chiave che Asya gli aveva dato e solo per un istante pensò che forse a lei sapere della Strelizia avrebbe risollevato l'umore e dato speranza di libertà. Non voleva parlare con lei, però, non voleva nemmeno incontrare nessuno: quando discretamente attraversò il passaggio, in testa aveva soltanto l'idea di incontrare Ailis, di incrociare di nuovo i suoi occhi azzurri.

    Il giardino era silenzioso come al solito, le fronde del salice ondeggiavano placide assieme i gambi dei fiori ai suoi piedi. Con la luce della luna tutte quelle foglie sembravano fatte di argento, ma Jonathan non badò a loro: gli occhi scuri si puntarono immediatamente al balconcino della stanza di Ailis e senza esitazione, con passo leggero e rapido, risalì le scale e vi fece ingresso.
    Si aspettò di trovarla lì, come si erano promessi. Notò il letto sfatto, la vasca da bagno da poco svuotata e gli abiti appoggiati al separé. Lei però non c'era e anche se la porta della camera era chiusa, anche se c'era traccia di lei e persino il suo profumo aleggiava, Ailis non c'era. Jonathan si irrigidì sulla soglia della stanza, ora visibile, temendo subito il peggio.
    HP 66/66
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    Ailis Krasinier

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    Chiuse gli occhi, e iniziò a cantare con la voce della natura che albergava dentro di sé, insieme ai suoi fiori e al vento. In un silenzio che nessuno poteva realmente sentire. Poi, tutto cessò all'improvviso. Come gli animali della foresta, anche le piante rilevavano le minacce o gli estranei. Stavolta, però, non fu un allarme, quanto un moto di nascosta felicità a ridestarla. Il suo giardino era il suo specchio, e sebbene lei non potesse vederlo, le foglie d'argento del salice si muovevano ai suoi passi. Jonathan l'aveva raggiunta, e subito ad Ailis mancò il fiato. Si immobilizzò allo stesso modo di quando l'aveva stretta fra le sue braccia. L'aveva vista? No, i loro accordi prevedevano che lei rimanesse in camera, poiché altrimenti avrebbe pensato che c'era qualcosa che non va.
    Solo per quello, mise da parte la vergogna o qualsiasi altro disagio stava provando, per scendere lentamente dalla scaletta.

    Sbirciò dalle liane, e lo vide materializzarsi di fronte al suo balcone. Senza che se ne rendesse conto, la sua visione la fece stare meglio, come se tutta quella tristezza si fosse dissipata in un solo attimo. Doveva richiamarlo? No, non era pronta. Pronta a cosa? Combattè per diversi secondi con i suoi stessi pensieri, e con quella voragine nel petto che non la induceva a fare un solo passo. Non si capiva. Non si capiva affatto. "Jonathan." bisbigliò, ma abbastanza forte perché potesse sentirla da quella distanza. Prese coraggio, così, e seppur con le mani che prudevano, spostò il sipario di foglie che la nascondeva. Con una mano, gli fece cenno di raggiungerla, e la chiuse di nuovo. Salì la scaletta velocemente, come se non dovesse farsi trovare in un'altra posizione diversa, e quando l'aurora sarebbe stato sotto la stessa chioma, lo avrebbe invitato a salire a sua volta. "Scusa. Avevo bisogno di aria." si spiegò. Sul suo ramo c'era abbastanza spazio anche per lui.
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    Edited by pandøra - 30/7/2022, 21:49
     
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    Jonathan Caedran

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    "Jonathan"
    Il Tiratore si voltò di scatto, dando le spalle alla stanza per tornare col viso al giardino. Quando udì la voce di Ailis chiamarlo tirò finalmente il sospiro di sollievo che avrebbe voluto provare direttamente nella Caterantia, e nel vederla sana e senza ferite, con i capelli castani che le scendevano sopra le spalle, la tensione che lo aveva assalito svanì in un solo battito di ciglia. Stava bene, suo padre non le aveva fatto nulla.

    Non si fece ripetere due volte il suo invito. Di nuovo ripercorse i gradini della scalinata di fretta e per la prima volta da quando aveva visto quel giardino, si avvicinò al salice e non solo per osservarlo: passò attraverso la sua coperta di foglie pendenti e si ritrovò all'interno di quello che non poté definire in altro modo se non il nido di Ailis. Lei era seduta su uno dei rami più grandi, a qualche metro di altezza, come se il legno le avesse lasciato lo spazio di incastonarsi lì, come parte integrante della sua struttura. Una piccola scaletta di corda permetteva di raggiungere lo stesso punto e Jonathan ci si arrampicò ancor prima che la ragazza ebbe giustificato la sua assenza dalla stanza. Era agile con quelle cose: persino scalando l'albero avrebbe potuto issarsi al suo fianco.

    «Mi hai fatto prendere un colpo» le mormorò con quella sua voce bassa e grave, sedendo proprio accanto a lei. Come al solito mostrava rigidità, ma c'era qualcosa di meno ruvido nei suoi modi: si sporse appena, per controllare da vicino che non avesse altri lividi addosso e quando non ne vide, seppe che i dolori più grandi doveva portarli nel cuore e nella testa. Non avevano avuto alcun modo di parlare di quello che era successo e Jonathan temeva che lei potesse venir meno ai patti, che l'assalto potesse averle fatto cambiare idea. Non la biasimava... anche se avrebbe voluto portarsela dietro.
    «Stai bene?» la sua solita formula, tornava identica a sempre ma non nel tono. Stavolta Jonathan la fissò negli occhi come l'aveva fissata al ballo, sul balconcino.
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